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Siluri Moody's sui debiti sovrani Ue

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Lasocietà di rating « non può escludere» nuovi declassamenti dei rating sovrani di paesi dell'Eurozona. È quanto si legge in un rapporto diffuso alla luce dell'accordo di venerdì scorso in sede europea sul meccanismo permanente salva-stati. Al riguardo, Moody's cita «la mancanza di un meccanismo di trasferimento fiscale, la possibilità confermata di una ristrutturazione del debito e di altre forme di default sovrano, così come l'attesa di uno scenario sempre dominato da difficoltà di finanziamento». Insomma altre tegole potrebbero cadere presto sul sistema finanziario europeo. Che già sconta una debolezza elevata. Il sistema Irlanda è ancora fragile e le banche dell'isola hanno bisogno di capitali freschi per 24 miliardi di euro, oltre che di una complessiva ristrutturazione. Questo il verdetto del nuovo stress test sulla solidità del sistema bancario irlandese, che ha tenuto con il fiato sospeso il settore finanziario in tutta Europa: a Piazza Affari Intesa Sanpaolo ha sofferto un ribasso vicino al 5%. I risultati del test sul sistema europeo ci saranno a giugno e la prospettiva di una ricapitalizzazione «obbligata» ha fatto affondare anche Unicredit (-3,7%), Bpm (-3,3%). Male Mps(-2,6%), mentre tiene Mediobanca (-0,55%). Giù Ubi (-1,55%), che ha appena varato una ricapitalizzazione da 1 miliardo di euro. Sotto i riflettori anche il Portogallo, con un deficit pubblico superiore al previsto, banche che scricchiolano e crisi di governo. Standard & Poor's ha tagliato il rating di 4 banche portoghesi dopo aver declassato il rating sovrano nei giorni scorsi. Un agire quello delle società di rating che secondo il docente di finanza della Bocconi, Micalizzi, è a due velocità: «Gli Stati Uniti mantengono il rating AAA e pagano un costo per l'indebitamento sul medio-lungo termine tra il 2-3%, quando il rapporto debito pubblico/pil del Paese è ormai prossimo al 100%». Intanto a livello internazionale la Cina non cede sulla rivalutazione dello yuan, lasciando irrisolto ancora una volta uno dei nodi fondamentali del sistema monetario globale, nonostante il pressing della presidenza francese del G20. Lo sforzo per un riequilibrio dei cambi, punto cardine del programma del presidente di turno Nicolas Sarkozy, non è bastato a superare la cautela delle autorità cinesi. Pechino non vuole un rialzo troppo veloce dello yuan, che intaccherebbe l'export e i quasi 3.000 miliardi di debito in dollari depositati nelle riserve cinesi. E nel seminario dei Grandi sulla riforma del sistema monetario globale a Nanchino la Cina ha ribadito la sua posizione: «il processo di riforma sarà lungo e complesso», ha detto il vice-premier Wang Qishan.

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