Per Parmalat si scalda anche Cdp
Nellacostruzione dell'argine per bloccare le mire della francese Lactalis sulla Parmalat il governo potrebbe giocare tutte le carte di cui dispone. Come ad esempio la Cassa Depositi e Prestiti o anche la costituenda Banca del Mezzogiorno. Secondo quanto risulta a Il Tempo, infatti, alla cordata di imprese che affiancherebbero Intesa SanPaolo, tra le quali Ferrero, potrebbero unirsi non solo altre banche come Unicredit ma anche sponsor con vocazione pubblica come appunto la Cdp. Solo ipotesi di lavoro per ora. Ma nelle stanze del ministero dell'Economia, si ragiona sul come motivare e aggregare partner privati sullo stile del salvataggio di Alitalia. Gli strumenti ci sarebbero. Il decreto antiscalate appena emanato dal governo ha di fatto consacrato la strategicità del settore alimentare italiano e in particolare della Parmalat, espressione di un territorio che accoglie per espresso volere di Bruxelles la sede dell'Authority alimentare Ue. Per questo la difesa di una delle più importanti azienda della zona dovrebbe bastare a superare le perplessità europee. I tecnici dell'Economia avrebbero provato a fare simulazioni su un possibile ruolo di sponsor nell'operazione dell'istituto che gestisce il risparmio postale degli italiani. Ipotesi praticabile per due motivi. Il primo è la potenza finanziaria di cui Cdp dispone, una forza non indifferente se si considera che le somme da mettere in campo in caso di un'Opa sono prossime ai 6 miliardi di euro. L'intervento sarebbe poi pienamente legittimato dallo statuto della Cdp, approvato il 2 marzo scorso, che al secondo comma dell'articolo la autorizza ad «assumere partecipazioni e interessenze in società, imprese, consorzi e raggruppamenti di imprese, sia italiani che esteri chesiano strumentali, connesse o accessorie al proprio oggetto sociale ai sensi del decreto del Ministro dell'economia del 27 gennaio 2005 e successive modificazioni e integrazioni». Un sentiero irto di ostacoli ma praticabile comunque e in grado di farne un elemento catalizzatore a fianco di una possibile alleanza, nel dossier, tra Intesa SanPaolo e Unicredit. I segnali dell'interesse delle due banche ci sono. Alcuni espliciti come le dichiarazioni dell'ad Passera o dell'ad della Biis (la banca per le infrastrutture di Intesa) Ciaccia che ha parlato esplicitamente di alleanze con Piazza Cordusio nel settore delle infrastrutture. E in senso lato anche l'italianità di Parmalat può essere considerata tale. Infine l'ad Unicredit Ghizzoni che non ha chiuso le porte a una scesa in campo: «Se ci sarà richiesto valuteremo». I tecnici dell'Economia hanno però valutato anche l'immagine di operazione «assistenzialista» che un ingresso diretto della Cdp potrebbe generare. Così nelle riunioni si è fatta strada anche una seconda ipotesi. E cioè una possibile accelerazione dell'operatività della Banca del Mezzogiorno. La banca fortemente voluta dal ministro Giulio Tremonti per rilanciare il Sud. Un progetto che ha già visto la partecipazione di Poste Italiane che conferirebbe il Mediocredito Centrale appena acquistato da Unicredit. Una banca storicamente dedita a operazioni di sostegno delle imprese del Sud. E il cui ruolo potrebbe essere di volano nel caso scendessero in campo anche i fornitori del gruppo di Collecchio. Sembra strano, ma ancora adesso, buona parte del latte Parmalat viene, infatti, dal Lazio e, più a Sud, tra Caserta, Benevento e Isernia ci sono oltre 180 aziende conferenti. Una massa critica non da poco e da non tralasciare nel caso delle difesa nazionale di Parmalat.