Leonardo Ventura Cade il Portogallo.
Siandrà a votare. E adesso tutta l'Europa trema perché il Paese lusitano è da mesi a rischio salvataggio e di una complessa operazione finanziaria di Unione europea e Fondo Monetario Internazionale. Dopo Grecia e Irlanda, il Portogallo infatti era uno dei Paesi che rischiava di sprofondare. Adesso tutto diventa più difficile perché alla crisi economica e finanziaria si aggiunge quella politica. Procediamo con ordine. Il governo minoritario socialista si è dimesso ieri sera dopo la bocciatura in Parlamento, con il voto convergente di tutti i partiti di opposizione, di centro-destra e di sinistra, della manovra antideficit concordata con Bruxelles dal premier, Josè Socrates. La crisi di governo portoghese arriva proprio alla vigilia di un importante vertice per la stabilizzazione della zona euro. Il capo del governo, subito dopo il voto, si è recato al palazzo presidenziale di Belem, dove ha presentato le dimissioni al capo dello stato, Anibal Cavaco Silva. Lo scenario più probabile è che il presidente - che domani inizia le consultazioni con i partiti - convochi rapidamente elezioni anticipate, che potrebbero tenersi nella seconda metà di maggio. I sondaggi danno come probabile vincitore il principale partito di opposizione, il Pds (centrodestra) di Pedro Passos Coelho. Intanto per il Portogallo, negli ultimi giorni di nuovo sotto forte pressione dei mercati - i tassi sui bond a 5 anni hanno superato la sbarra record dell'8% -, si apre una fase di forti incognite. Gli analisti ritengono probabile ora un ricorso a un piano di salvataggio di Ue e Fmi, anche per gli effetti della instabilità politica interna. Coelho, probabile futuro premier, negli ultimi giorni, diversamente da Socrates, ha detto che l'aiuto esterno è praticamente inevitabile, e che «tutto il Paese lo sa». Sia lui che il premier dimissionato saranno a Bruxelles. Il leader del Psd negli ultimi giorni, in previsione dell'imminente crisi politica, ha lanciato messaggi rassicuranti verso i mercati e i partner europei, garantendo che se prenderà in mano le redini del Paese manterrà gli impegni di massima presi da Socrates: riportare il deficit al 3% nel 2012, al 2% nel 2013. Una prospettiva che potrebbe però essere complicata anche dalla possibile revisione del deficit per il 2010, dal 7% previsto dal governo a un possibile 8%.