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Migliora l'utile netto di Atlantia

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diMARLOWE Primi effetti collaterali della crisi libica sul cosiddetto salotto buono della finanza milanese. Nonché sui grandi accordi industriali italo-francesi. Parliamo di Edison, l'azienda energetica privata (ma che privata come vedremo non è per nulla) di Foro Buonaparte. Indirizzo profetico, visto che i soci forti sono stati finora i francesi di EdF, il primo colosso energetico dell'Europa occidentale, controllato dal Tesoro di Parigi, nonché pupilla degli occhi di Nicolas Sarkozy. Al loro fianco la A2A, utility nata dalla fusione delle municipalizzate di Milano e Brescia. Terzo, ma fuori dal patto di sindacato, il finanziere franco-polacco Romain Zaleski, ottimo amico del presidente di Intesa e nume tutelare della Rcs-Corriere della Sera, Giovanni Bazoli. Per inciso, Zaleski due anni fa ha dato in pegno questa quota proprio a Intesa e Unicredit. Insomma, le fortune di Edison interessano a molti. E quando è stato lanciato il piano per il ritorno al nucleare Foro Buonaparte si è proposto come capocordata per le centrali «private», a fianco di quelle pubbliche rappresentate da Enel e, ancora, da EdF. Se mai questo piano diverrà realtà. Ma alle sorti del gruppo guardano da noi importanti giri milanesi, a partire appunto da Intesa e Corriere, nonché gli amministratori lombardi che indirettamente controllano la A2A. Per un paio d'anni EdF e A2A si sono fatti la guerra, con il gruppo pubblico francese all'assalto di Edison. Si è perfino arrivati, da parte della utility padana, a denunce alla Consob. Finché era scoppiata la pace. Su queste basi: EdF saliva al 50% di Edison, assumendone di fatto il controllo; A2A manteneva qualche poltrona e ottieneva alcune centrali indroelettriche. Ma più interessante è l'obiettivo dichiarato da Henri Proglio, potente presidente di EdF, e appunto grande amico di Sarkò: fare dell'azienda milanese l'hub per l'importazione e la distribuzione di gas nel sud Europa. Edison, infatti, sta realizzando con Grecia e Turchia l'ITGI (Interconnector Turkey-Greece-Italy), un metanodotto destinato a portare gas in particolare dall'Azerbaijan, con una capacità di 10 miliardi di metri cubi l'anno. Che andranno ad aggiungersi ai 16 miliardi con i quali – grazie anche al rigassificatore di Rovigo – l'azienda garantisce già adesso il 15 per cento del fabbisogno nazionale. E' questo il tesoro sul quale i francesi intendono mettere le mani. Ed è un'ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, di quanto l'energia sia più che mai ai primi punti dell'agenda dell'Eliseo. Come ha rilevato Mario Sechi nell'editoriale di ieri, l'annuncio di Sarkozy di bombardamenti anti-Gheddafi potrà suscitare sconcerto tra le feluche di Bruxelles, ma certamente dimostra come la Francia miri al dopo-Colonnello, in particolare ai suoi pozzi di petrolio. Torniamo all'Edison. Nulla di male, si è detto qualcuno, se l'azienda rimane italiana: la concorrenza con l'Eni - che importa gas da Algeria, Libia e Russia con cui ha in cantiere il famoso South Stream – non guasta certo. Ma il discorso cambia se passa all'EdF. Che erediterebbe un gasdotto nuovo di zecca dopo essere entrata proprio nel South Stream, assieme ad Eni e Gazprom, grazie al sacrificio di una quota del cane a sei zampe. E che è partner alla pari dell'Enel nel piano nucleare lanciato da Berlusconi. E proprio dai manager pubblici italiani – in particolare dall'ad dell'Eni Paolo Scaroni - sarebbero giunti segnali al governo: che gioco fanno i francesi? Sono alleati o concorrenti? Tra le dormite di altri colleghi, Tremonti – che attraverso il Tesoro controlla Eni ed Enel – ha deciso di intervenire. Forse con un pizzico di dirigismo colbertiano ha convocato a Milano Letizia Moratti e Adriano Paroli, sindaci di Milano e Brescia, entrambi del Pdl (la Moratti è anche ricandidata alle comunali del 15 maggio, per una rielezione non scontatissima). Ai due, che attraverso le loro municipalizzate sono azionisti di A2A, il ministro ha chiesto di intervenire sul management per ridiscutere i termini dell'accordo. O almeno per farlo slittare. Pare che Tremonti abbia ricordato che esiste un interesse strategico nazionale che si chiama energia. E che con la guerra in Libia questo interesse si è fatto più stringente. I poteri lombardi, e relative filiere, si sono adeguati: slittamento di un anno. «Che l'operazione fosse complicata si sapeva fin dall'inizio» ha commentato Giuliano Zuccoli, presidente di A2A. Meno accomodante la reazione di Proglio, con il quale Tremonti si è collegato in videoconferenza: «À la guerre comme à la guerre» ha sibilato. Non si sa con quanto esprit de finesse.

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