Ora si riforma la finanza

È il momento giusto per cambiare realmente le regole della finanza internazionale, quella speculativa e assetata di profitto a breve termine, che ha sconfinato nella mutazione genetica dei titoli tossici. I grandi del mondo sono riuniti a Parigi per il G20 forse e sarà il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che è anche presidente del Financial Stability Board a fare il pressing per un nuovo quadri regolamentare. E per evitare che, in caso di arrivo di una nuova crisi, sia troppo tardi e i bilanci degli stati vadano sotto pressione. Draghi è tornato ieri a insistere sul tema già affrontato nel suo discorso della serata di giovedì sera al seminario Eurofi dove aveva ammonito per le possibili conseguenze di una nuova tornata di fallimenti delle banche globali «troppo grandi per fallire». Ad ascoltarlo una platea dei principali banchieri centrali del G20, economisti e rappresentanti delle istituzioni a cui Draghi ha ricordato che lo snodo centrale sono le nuove regole sulla finanza internazionale predisposte dall'Fsb e approvate a Pittsburgh e Seul e su Basilea3 sulle quali bisogna «andare avanti e finire il lavoro il più presto possibile».  Draghi si è detto d'accordo con il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, sul fatto che «non si deve tornare al business as usual», cioè alle vecchie pratiche precedenti la crisi finanziaria. L'osservato speciale è il sistema bancario ombra, le pratiche bancarie che non rispettano la trasparenza e che, sfuggendo a ogni controllo, mettono a rischio le istituzioni che rispettano pratiche corrette. Un punto sul quale le posizioni italiane sostenute dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti sono chiare. L'Italia porta al vertice anche la tesi di considerare tra i parametri di sostenibilità finanziaria di uno Stato il risparmio e il debito privato. Una tesi ancora non appoggiata da molti Paesi ma che potrebbe trovare forse più sostegno in futuro. L'approccio finora utilizzato dalle istituzioni internazionali non è stato in grado di prevedere l'evoluzione dei fenomeni speculativi. A Osaka al G8 del 2008, fu sottovalutata la possibilità di speculazione sui prezzi delle materie agricole. Solo volatilità temporanea fu la conclusione finale. Le rivolte nei paesi del Magreb di questi giorni dimostrano invece la fondatezza dell'allarme lanciato in quella sede. Le rivoluzioni in Tunisia e in Egitto sono iniziate dopo l'aumento del prezzo del pane. Ora nuoovi rischi potrebbeto arrivare dalla non considerazione del capitale privato nelle decisioni di finanza pubblica. È il momento insomma forse di considerare certi approcci che nella microeconomia si possono rinvenire nelle tesi, ad esempio, di Della Valle, il patron di Tod's, che chiede a un sistema di gestione finanziaria ormai maturo di tener conto delle istanze di chi, nella finanza, investe soldi creati dall'industria.