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di DAVIDE GIACALONE La produzione industriale è tornata a crescere, ma la notizia non sembra degna di particolare attenzione.

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Unrialzo del 5,5%, su base annua, è già rilevante, e l'8,7%, calcolato confrontando il dicembre 2010 con lo stesso mese dell'anno precedente, lo è ancora di più. Non è riassorbita la botta recessiva, che nel 2009 è stata del 18,4%, ma è il segno che il cavallo è forte. Si tratta di capire come ulteriormente sollecitarlo. La frustata proposta dal governo contiene iniziative manifesto e misure concrete. Fra le prime è compresa la volontà di cambiare tre articoli della Costituzione, il che è, al tempo stesso, troppo e troppo poco: troppo per potersi fare in tempi brevi, troppo poco rispetto a quel che servirebbe cambiare, nella nostra Carta. Fra le seconde un capitolo importante è rappresentato dalle semplificazioni, sulle quali il Consiglio dei ministri tornerà a riunirsi e deliberare. E' una materia rilevante, perché comporta un'attenuazione delle pretese statali, oggi troppo invasive e vessatorie. Ma è anche materia delicata, perché non basta spostare, si deve cambiare e, in qualche caso, direttamente cancellare. Un esempio concreto è quello dei controlli: cessino, si dice, quelli preventivi, che fanno perdere tempo, meglio puntare su quelli successivi, in modo da far correre il mercato. Non funziona così. I controlli preventivi sono odiosi perché lenti e burocratici, talché un imprenditore non può investire il denaro, e sperare di creare ricchezza, fino a quando gli uffici pubblici non gli hanno rilasciato anche l'ultima autorizzazione. La soluzione, però, non può consistere nel dirgli: tu intanto parti che poi vediamo, perché restando immutato il quadro normativo nessuno vorrà investire denaro in opere e azioni che, successivamente, un funzionario pubblico potrà considerare irregolari. Quel che conta non è il prima o il dopo, ma la certezza delle norme e i tempi delle autorizzazioni. Così come, eventualmente, i tempi del contenzioso successivo. La vera semplificazione, pertanto, consiste: a. nell'accorpare gli uffici e gli interlocutori, non costringendo il cittadino al gioco dell'oca dei permessi, creando sportelli unici effettivi, meglio se on-line; b. nel sottoporre la pubblica amministrazione a tempi certi, trascorsi i quali non potrà essere contestato quel che non è stato impedito; c. nel punire amministratori e funzionari che, per occultare la loro inefficienza, si abbandonano a liti temerarie, contestando quel che non è contestabile; d. nel rendere l'intero processo completamente trasparente, in modo che tutti, non solo l'interessato, possano seguirne i passaggi; e. nell'aprire le banche dati pubbliche, sì che ciascuno possa sapere chi sta facendo cosa, in che termini e con quali (eventuali) costi pubblici, in questo modo evitando che nell'ombra si consumino ingiustizie e indicando quel che è già stato negato, tanto che sarebbe ozioso continuare a chiederlo. La conoscenza è ricchezza, ma anche la semplificazione. I dati liberati serviranno da bussola e potranno essere utilizzati per creare altra ricchezza. Il nostro è il Paese delle troppe norme, con le quali si pretende d'inseguire un presunto bene, salvo constatare la loro disapplicazione. Molto si può fare lavorando sulla prassi quotidiana, sull'operatività e condotta degli uffici pubblici. Si semplificherebbe la vita alle persone per bene (impiegati, imprenditori o cittadini che siano), mentre oggi la si facilita ai peggiori, che nel caos del tutto proibito prosperano alla grande.

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