Cuore in Italia per la Fiat del futuro
Fiat resta dov'è. In Italia. Paese nel quale il Lingotto metterà le mani nel portafoglio per investire 20 miliardi di euro, così come previsto dal Piano «Fabbrica Italia». Il presidente e l'ad Fiat, John Elkann e Sergio Marchionne, lo hanno confermato ieri al Governo che li ha convocati dopo le polemiche su un possibile trasferimento della sala di regia del gruppo a Detroit. Torino ha ribadito ieri al tavolo di Palazzo Chigi (presieduto da Silvio Berlusconi, con i ministri Tremonti, Romani e Sacconi e il sottosegretario Letta) l'intenzione di perseguire gli obiettivi di sviluppo della multinazionale italiana, che prevede la crescita della produzione nel nostro Paese da 650 mila a 1 milione e 400 mila auto entro il 2014. Anno, quello sì, in cui potrebbe essere sciolto anche il nodo della «testa» del gruppo. Per ora sicuramente il cuore della casa automobilistica resta a Torino. Un messaggio che per ora rassicura tutti. In primis il governo che «prende atto positivamente» delle «intenzioni manifestate» dall'azienda e da parte sua conferma l'impegno a realizzare «le migliori condizioni di competitivita». Allo stesso tempo, viene «condivisa» da tutti la «determinante» rilevanza di relazioni industriali in grado di garantire la «governabilità», come più volte ribadito dall'ad stesso, degli stabilimenti e il loro «pieno utilizzo». Dopo il vertice, durato quasi due ore a scendere in conferenza stampa sono stati solamente Romani e Sacconi. Niente dichiarazioni da parte di Marchionne ed Elkann. «La «Fiat è una grande multinazionale italiana che si sta espandendo nel mondo ma che rimane con un cuore italiano», ha spiegato Romani, considerando il nostro Paese «un punto di partenza per un'azienda che investe e produce nel mondo intero, anche aprendo nuovi mercati». Una prospettiva non, però, senza condizioni. «Il futuro di Fiat, il suo radicamento in Italia, l'effettiva realizzazione degli altri investimenti ipotizzati sono condizionati alla governabilità degli stabilimenti» ha specificato Sacconi. Su questo, ha aggiunto, «abbiamo riconosciuto concordemente - governo, regione, comune e provincia - l'importanza di relazioni industriali costruttive». Così come ogni decisione sull'ipotesi di uno spostamento del quartier generale, alla luce di una fusione con Chrysler, resta rinviata al 2014, cioè all'esito dello stesso progetto «Fabbrica Italia». La sua «evoluzione positiva condizionerà il futuro della sede» ed eventuali decisioni future riguardanti la governance, ha affermato il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, al termine dell'incontro poi allargato alle istituzioni locali piemontesi, con il governatore Roberto Cota e il presidente delle Provincia di Torino, Antonio Saitta, che ha detto: l'ad, al tavolo, ha indicato che delle condizioni perché la testa del gruppo resti a Torino «se ne parlerà nel 2014». Sacconi ha assicurato invece che Fiat «non andrà a Detroit, rimarrà a Torino», ma vanno garantite le condizioni. «Tutte le polemiche si sono chiuse» con l'incontro di ieri è la considerazione finale di Romani. Nel mondo sindacale, però, la spaccatura resta evidente, mentre il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, è ironico: L'incontro? «Alla buon'ora...», ha risposto sottolineando come ad oggi dei 20 miliardi si conosca «solo la destinazione di un paio». Sono stati smentiti «i pessimisti di professione e le cassandre antinazionali», ha rimarcato invece il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha assicurato che il suo sindacato «continuerà a dare garanzie» alla Fiat chiedendo in cambio occupazione, più salario e partecipazione. «Escono confermati gli impegni» presi anche con i sindacati, ha commentato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. «Inutile», invece, per la Cgil l'incontro a Palazzo Chigi, che il numero uno Susanna Camusso ha definito una «passerella»: «Non risolve i problemi» e dimostra «l'incapacità» del governo. «Se c'è un problema di governabilità è a Palazzo Chigi» visto che «non c'è il governo», hanno replicato il leader e il responsabile auto della Fiom, Maurizio Landini e Giorgio Airaudo. «Tanto rumore per nulla», ha ribattuto il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo.