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Romiti bacchetta Marchionne

L'ad di Fiat Sergio Marchionne

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Ha portato in piazza 40 mila impiegati nel 1980 per combattere lo strapotere dei sindacati nella Fiat. Oggi Cesare Romiti ex ad del Lingotto sembra quasi pentito. «È un errore grave dividere il sindacato», dice Romiti, al vertice della Fiat per 25 anni. In un'intervista a Left, in cui ricorda la vertenza del 1980. Romiti parla di «distanza abissale» con quanto accade oggi: non mancarono gli scontri anche «personali» con leader sindacali come «Lama, Carniti, Benvenuto, Bertinotti, persone di grandissimo valore». Ma «anche nei momenti più caldi - dice - ho sempre parlato con tutti quanti. Non ho mai cercato di dividere il sindacato, a parte che loro non me lo avrebbero consentito». E «c'era la voglia forte di salvare l'azienda, di difenderla. Oggi quest'amore lo abbiamo fatto perdere, anche nei dipendenti». Un cambio radicale di opinione che si innesta nel dibattito acceso dopo il referendum di Mirafiori sulla richiesta di Federmeccanica che ha chiesto di sostituire i contratti aziendali con il contratto collettivo. Il ministreo Maurizio Sacconi, pur sottolineando che è materia delle parti sociali, è pronto a scommettere che ci sarà l'accordo sulla proposta di Federmeccanica. I sindacati firmeranno «tutti o tutti meno uno», ha dichiarato il ministro del Lavoro, nonostante al momento solo l'Ugl ha mostrato una certa apertura. Intanto dalla Fiat a Federmeccanica, da Federmeccanica alle banche continua a espandersi il dibattito sulla contrattazione aziendale, con Confindustria che sottolinea come il caso Fiat non la ridimensiona e l'ex presidente di viale dell'Astronomia Luca Cordero di Montezemolo che giudica la trasformazione in embrione «una rivoluzione importante e positiva». Ieri è intervenuto anche il settore bancario, con il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera e Giuseppe Mussari, presidente dell'Abi, che hanno chiesto una maggiore apertura delle parti sociali al dialogo. «Serve condivisione più che concertazione» dichiara Mussari, convinto che sia urgente «trovare un terreno comune per affrontare questioni che a tutti non stanno bene» evitando «esclusioni», «conflitti» e «ricatti». Poche ore prima, Passera aveva presentato il suo gruppo come modello di una contrattazione in deroga che, lo scorso anno, aveva incontrato un largo consenso dei sindacati. L'a.d. di Intesa Sanpaolo è convinto infatti che la contrattazione nazionale è importante, ma c'è «bisogno di più spazio per la parte che tiene conto delle singole situazioni aziendali».

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