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Sviluppo impossibile senza l'industria

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Lalocalizzazione delle fabbriche andava collocata nei paesi sottosviluppati o emergenti, dove salari più bassi e inquinamento non creavano problemi. Con la delocalizzazione dei siti produttivi si sono anche esportati know-how, frutto di ricerche e investimenti importanti. Le conseguenze che il mondo occidentale subisce sono sotto gli occhi di tutti. Poi la avanzata dei paesi asiatici e la grave crisi nella quale il mondo si è dibattuto, ha provocato un doloroso risveglio. Ci si sta rendendo conto che, in Europa, senza industria è difficile creare posti di lavoro per incentivare la ripresa. La Gran Bretagna si era disfatta delle industrie a favore della finanza. Ora piange. In Italia molti imprenditori hanno delocalizzato. Assistiamo a un ripensamento. Questo giornale lo ha detto più volte. Bisogna tornare alle cose concrete: industria e agricoltura. La politica se ne deve rendere conto. Così come quella parte del sindacato che ancora crede di lottare contro il padrone "dalle braghe bianche" senza percepire che la concorrenza mondiale è spietata e non corretta. Il presidente francese Sarkozy ha ammonito il suo popolo. Se la Francia vuole rimanere un grande paese deve tornare a possedere le industrie. Il monito che viene d'oltralpe deve avere eco anche da noi. Va incentivata l'impresa con l'iniziativa privata unico strumento per la ripresa. Che non potrà venire da uno Stato padrone che, quando si improvvisa imprenditore, genera, quasi sempre profitti. Negativi.

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