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Marchionne attacca: la Fiom ci ricatta

Sergio Marchionne, ad Fiat

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La Cgil ha deciso. E ha deciso di abbracciare la linea radicale della Fiom. Si consuma così su Mirafiori una insanabile divaricazione con gli altri sindacati. Non solo. Il segretario generale imprime alla Cgil una sterzata verso posizioni estreme allontanandosi così anche dal Pd, o almeno da quella parte del partito di Bersani centrista, moderata e concertativa. Un'autentica giravolta quella del segretario generale di Corso Italia, che inizialmente si era mossa con cautela premendo affinchè la Fiom arrivasse almeno a porre una firma «tecnica» all'accordo poi, spinta anche dalla componente più estrema all'interno della Cgil, ha optato per il sostegno completo alla Fiom. Mentre il Pd continua a muoversi nel totale imbarazzo, la Camusso è partita all'attacco dell'ad della Fiat Marchionne e ha detto a chiare note che la risposta al referendum di Mirafiori non può che essere un No secco. La Cgil quindi invita a votare No ma se vincerà il sì, avverte, va rispettato quel voto e trovato il modo di continuare a difendere i lavoratori dentro le fabbriche Fiat, «altrimenti si crea un vuoto». E la conseguenza della vittoria del Sì, dice la Camusso, sarà «l'esclusione della Fiom e della Cgil dalle fabbriche e il peggioramento delle condizioni e della libertà dei lavoratori». Poi l'accusa a Marchionne che «insulta ogni giorno il Paese» e ha la complicità del governo che è «tifoso della Fiat e vuole la riduzione dei diritti». Il Lingotto, è «colpevole di non rendere noti i dettagli del piano Fabbrica Italia» e di trasformare le fabbriche «in caserme». Camusso si è poi rivolta alle altre sigle sindacali sollecitandole «a fare qualcosa insieme» e a lavorare a «un accordo sulla rappresentanza sindacale, propedeutico ad una legge».  Per sabato 15 la Cgil ha convocato un direttivo nel corso del quale sarà approvata la proposta sul tema della rappresentanza sindacale. Camusso annuncia anche l'apertura di «una grande campagna nei luoghi di lavoro alla luce di quanto accaduto con Fiat, per dare supporto all'accordo del '93 e all'elezione delle Rsu». A stretto giro da Detroit è arrivata la replica di Marchionne. «Non si può confondere il cambiamento con un insulto all'Italia. Stiamo cercando di cambiare una serie di relazioni che storicamente hanno guidato il sistema italiano». Quanto alle accuse di «fare un ricatto» prospettando la necessità di andare a investire altrove in caso di esito negativo del referendum, piuttosto è la «Fiom a ricattare quando pretende di dettare le condizioni dell'investimento». Marchionne ha ribadito che «se nel referendum per Mirafiori vincerà il Sì, il discorso è chiuso e si va avanti. Chi perde accetti la sconfitta. Se prevarrà il No, si perde, punto e basta ma salta il piano finanziario previsto. Noi non facciamo nessun ricatto. Io devo fare le vetture altrimenti che faccio a Mirafiori la terza squadra di calcio a Torino, dopo Juventus e Torino?» Alla Camusso che l'accusa di non rendere noti i dettagli del piano Fabbrica Italia, risponde di andarsi a leggere piano industriale della Volkswagen (primo gruppo automobilistico europeo) che «arriva fino al 2018 e vada a vedere quanti dettagli ci sono. Non c'è una pagina che indichi una riga sugli investimenti». Intanto il leader della Fiom, Maurizio Landini, incalza e alla Camusso che invita a non uscire da Mirafiori in caso di vittoria del Sì, risponde che «far saltare l'accordo è l'unica soluzione possibile ed è necessario che tutta la Cgil lo capisca». E non si ferma qui. Landini coglie al volo la notizia del pensionamento del responsabile delle relazioni sindacali, Paolo Rebadeungo, per dire che Fiat vuole eliminare le relazioni industriali. Immediata la precisazione dell'azienda di Torino: si tratta di un pensionamento e comunque «continuerà a collaborare». E ieri altre scritte intimidatorie sono comparse anche a Roma a via Tiburtina, con vernice nera siglate «militant» e col simbolo della falce e martello. «Marchionne boia», «Bonanni servo dei padroni».

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