Arrembaggio Fincantieri
Fincantieri non si sente più rappresentata da Confindustria Genova perché «con tutto il rispetto che si deve all'associazione confindustriale, le istanze dell'azienda non vengono in alcun modo considerate». Dopo che Il Tempo ha rivelato la decisione dell'ad di Fincantieri, Giuseppe Bono, di sospendere il versamento della quota associativa alle confindustrie territoriali di Genova e Gorizia (circa 340 mila euro l'anno), emerge anche la lettera con la quale è stato comunicato il divorzio. Poche righe spedite a metà dicembre, con le quali Bono lamentava al presidente di Confindustria Genova Giovanni Calvini, l'assoluta assenza dell'associazione territoriale sui problemi del gruppo a cominciare dalle relazioni industriali. «Fincantieri - precisa al telefono un portavoce dell'azienda - si riconosce nelle linee generali della politica di Confindustria, ma lamenta di non sentire rappresentate le proprie istanze dalle associazioni territoriali di Genova e Gorizia». Ma soprattutto c'è la sorpresa e lo sconcerto per una decisione che forse si poteva evitare e che indica a quale livello sia arrivata l'insofferenza nel sistema confindustriale verso una gestione che non si fa più carico delle esigenze delle imprese associate. Qualcosa sta cambiando in Confindustria, non è più quella realtà indiscutibile dei tempi dell'Avvocato Agnelli. Ora sembra non essere più al passo coi tempi. A far traboccare il vaso di Fincantieri sarebbe stata la mancata presa di posizione di Calvini sull'ipotesi del piano industriale, con il ridimensionamento dei cantieri di Sestri Ponente e Riva Trigoso. Non avrebbe invece determinato questa decisione, la nomina di due manager Finmeccanica alla carica di vicepresidenti di Confindustria Genova. Una nomina che pure avrebbe preso di sorpresa Giuseppe Bono. I vertici di Fincantieri, grandi elettori di Calvini alla nomina della presidenza di Confindustria Genova, non sarebbero stati infatti avvisati della nomina. Un problema di forma e di sostanza anche se quelle poltrone poco interessavano ai vertici di Fincantieri. Ma tra la sospensione della quota associativa e queste nomine non vi sarebbe un legame tant'è che la stessa decisione è stata assunta anche nei confronti della Confindustria di Gorizia, dove non c'erano poltrone in ballo. Lo strappo di Fincantieri è stato un fulmine per i vertici confindustriali. «Sono sorpreso», cade dalle nuvole il presidente della Confindustria di Gorizia, Gianfranco Di Bert, «nessun segnale che potesse far presagire una scelta di questo genere era emerso finora all'interno del direttivo tra Fincantieri e Confindustria». Secondo Di Bert «la decisione rientra probabilmente in una strategia globale di Fincantieri, che non tocca uno specifico comportamento dei rappresentanti del sodalizio goriziano». Il presidente della territoriale ha poi precisato che la questione sarà approfondita nei prossimi giorni «per capire i motivi che hanno indotto l'azienda a defilarsi». I sindacati invece mettono in relazione la decisione di Fincantieri con l'uscita di Pomigliano e Mirafiori dal contratto nazionale. Alessandro Pagano, coordinatore nazionale Fiom-Cgil, insinua che si sia creato una sorta di «effetto emulazione rispetto alle scelte della Fiat; scelte mai stigmatizzate da Confindustria e spesso elogiate dall'amministratore delegato di Fincantieri».