"La Fiom fa politica e ostacola gli investimenti"
«Non c’è nessun rischio di imitazione in altri settori dell’accordo di Pomigliano e di Mirafiori. Per il semplice fatto che altrove le relazioni industriali funzionano. Nell’industria metalmeccanica il problema è costituito dalla presenza della Fiom che non è un sindacato ma un movimento politico. Marchionne si muove come qualsiasi altro investitore e non investirà se non ha la garanzia del rispetto delle norme liberalmente pattuite».La Cisl è la sigla sindacale che più di altre si è spesa per un accordo sul nuovo contratto per Pomigliano e Mirafiori. Un passo obbligato? Il segretario generale del sindacato di via Po, Raffaele Bonanni, allarga le braccia: «Meglio essere duttili per ottenere gli investimenti, che essere duri a parole in un deserto di investimenti come accade da Nord e Sud Italia». Quanto all'arroccamento polemico della Fiom, Bonanni non fa sconti: «Nella storia sindacale è difficile trovare un sindacato che non firma mai gli accordi». C'è il rischio che al referendum di Mirafiori vincano i no? «I lavoratori a Pomigliano, dove c'è un problema di assenteismo, hanno capito la posta in gioco e hanno dato un risultato che solo coloro che volevano boicottarlo hanno voluto trasformare in una sconfitta. A Mirafiori i lavoratori sono consapevoli che senza Fiat, Torino avrebbe problemi grandissimi. sarebbe danneggiata la città e tutto l'indotto. Da tempo i torinesi sono preoccupati per il futuro della storica casa automobilistica che qualche anno fa, voglio ricordarlo, era data per spacciata. Queste preoccupazioni le abbiamo fugate con un comportamento responsabile e contrapponendoci a realtà ancorate a una visione lontanissima da ciò che accade nei mercati del mondo e dell'auto». Si riferisce alla Fiom-Cgil? «Mi riferisco a realtà che hanno smarrito il senso delle cose, del fatto che il nostro benessere viene dalla presenza di aziende competitive e capaci di stare su un mercato affollatissimo di vecchi competitori riorganizzati efficcacemente e di nuovi temibilissimi concorrenti che ci sfidano sui costi e sulla qualità. Sento fare discorsi fuori luogo. E non solo dalla Fiom. C'è un fronte culturale e politico che fa da sponda. Questo dimostra quanta strada bisogna ancora percorrere nel nostro Paese per conquistare la modernità e quanta difficoltà hanno i riformatori e le persone di buona volontà». Quindi ben venga Marchionne? «Ben vengano gli investimenti che tra l'altro non arrivano da Marchionne e dalla Fiat ma da una moltitudine di piccoli investitori. Questi mettono i soldi nei fondi pensione e in altre operazioni finanziarie e si dirigono verso quei Paesi che garantiscono remunerazione e tranquillità. Marchionne non fa altro che applicare criteri elementari in un'economia di mercato. Quei politici che fanno discorsi che non sono validi nemmeno a Cuba, dovrebbero occuparsi di fare diventare il territorio più affidabile per gli investimenti». Il nuovo contratto per Pomigliano e Mirafiori apre la strada a una rivisitazione dell'accordo del '93? «L'accordo è stato fatto per due singole realtà: Pomigliano e Mirafiori. Solo nel settore metalmeccanico non c'è un spirito unitario. Non vorrei che un comportamento anomalo, quale quello della Fiom, venisse ritenuto generale. Questa è la confusione che taluni vogliono fare. In altri settori le relazioni industriali vanno bene. Non vedo quindi perchè bisognerebbe rimettere le mani sull'accordo del '93. Questa tesi è sostenuta da coloro che vogliono portare acqua al mulino della Fiom, ma non ha nessun fondamento». La Fiom dice che viene leso il diritto di sciopero... «Non viene leso nulla. È solo il buon senso a essere leso».