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Intesa su Pomigliano Parte la nuova era Fiat

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L'industria italiana, tutta, trainata dalla capofila Fiat, entra in una fase di modernizzazione che, con molta probabilità, consentirà al Paese di restare agganciato al processo della creazione di ricchezza mondiale. Chiusa la partita della riorganizzazione del lavoro nello stabilimento torinese di Mirafiori, ieri è stata la giornata che ha sancito l'ultimo atto del progetto Fabbrica Italia fortemente sostenuto dall'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, e che prevede un investimento di un miliardo per rilanciare la produzione di Fiat in Italia. Dopo una trattativa durata mesi, non senza contrasti e con inevitabili strumentalizzazioni politiche da parte dell'ala più radicale del sindacato, Fim, Uilm, Ugl metalmeccanici, Fismic, l'Associazione dei quadri Fiat e il Lingotto hanno firmato il nuovo contratto di lavoro per i 4.600 dipendenti dello stabilimento di Pomigliano d'Arco (in provincia di Napoli) che, a partire da gennaio 2011 saranno riassunti dalla Newco (una società per azioni completamente nuova), sulla base dell'accordo del giugno scorso che sblocca investimenti per 700 milioni per la produzione della nuova Panda. La sigla da parte dei sindacati è arrivata dopo una stretta finale iniziata martedì e continuata ieri presso la sede romana della Fiat. Ma alla trattativa non ha preso parte la Fiom che non aveva firmato l'accordo del 15 giugno. Una spaccatura che di fatto marginalizza l'ala conservatrice della Cgil e che fa esprimere soddisfazione alle organizzazioni sindacali che hanno firmato l'accordo. Tra le principali novità inserite nel contratto c'è l'aumento del salario, che in media sarebbe di 360 euro lorde l'anno, ovvero 30 euro al mese. Anche se, spiega il segretario generale della Uilm Campania, Giovanni Sgambati, «gli effetti sui minimi tabellari sono molto significativi, riguarderanno anche 100 euro di differenza tra un lavoratore dello stabilimento di Pomigliano e un altro metalmeccanico». L'altro cambiamento riguarda l'inquadramento, una modifica definita dai sindacati una «rivoluzione», visto che semplifica la materia e agevola l'avanzamento professionale, distinguendo tra 5 gruppi. A riguardo, il segretario nazionale della Fim, Bruno Vitali sottolinea come «siano state finalmente accolte le precedenti richieste dei sindacati». Quanto alla rappresentanza, come per lo stabilimento di Torino, chi non ha firmato non l'avrà. Per il resto il contratto, che si pone come apripista anche per l'accordo su Mirafiori, riprende i punti già fissati con l'accordo di giugno, come i 10 minuti in meno per la pausa, le sanzioni per gli scioperi che violano i punti dell'intesa, l'eventuale non retribuzione dei primi tre giorni in caso di assenteismo anomalo. Secondo il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, l'accordo «apre una nuova fase di crescita e produzione industriale», sulla stessa linea il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: la firma «nasce da esigenze pratiche e non da disegni ideologici». Entusiasta anche il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro. Mentre molto critica rimane la Fiom, che parla di «vergogna del sindacato», con riferimento a Bonanni e Angeletti. Al contrario il segretario generale della Cisl sottolinea come «il Sud ha bisogno come il pane di accordi come quello di Pomigliano».

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