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Fiom resta sola a difendere un mondo che non esiste più

Il leader dei metalmeccanici Cgil Landini

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I tempi cambiano, la Fiom e i suoi slogan no. Mentre i rappresentanti sindacali di Fim, Uilm, Ugl metalmeccanici, Fismic e dell'Associazione dei quadri Fiat sono seduti attorno a un tavolo per concordare il nuovo contratto di lavoro che consentirà la riassunzione dei 4600 dipendenti dello stabilimento di Pomigliano, il leader dei metalmeccanici Cgil è davanti alle telecamere e dà il meglio di sé. «È un attacco alla democrazia e ai diritti senza precedenti», strilla imbufalito. «È un fatto gravissimo. Dimostra ancora una volta che Fiat vuole cancellare il contratto e i diritti dei lavoratori», insiste. «Fermateli, stanno facendo del male ai lavoratori», tuona. Neanche fossimo a Stalingrado o nell'Italia degli anni '70. Puntuale arriva anche la proclamazione dello sciopero generale dei metalmeccanici di otto ore, previsto per il prossimo 28 gennaio. Il copione, insomma, è sempre lo stesso. Landini deve motivare i suoi, è vero. Dopotutto non è facile convincere tutti che l'unico modo di fare il sindacato è l'intransigenza totale. Il dire no, sempre e comunque. Anche perché la minoranza Fiom più vicina alla segreteria Cgil, guidata da Fausto Durante, si è astenuta sul documento finale del Comitato Centrale (che ha indetto lo sciopero) «esprimendo un segnale di dissenso con la linea del segretario generale». Già Landini è rimasto solo. Se lo mollano pure i suoi rischia di dover smettere di giocare al sindacalista anni '70 tutto d'un pezzo e di dover riconoscere che l'accordo siglato a Pomigliano non è - come pure sostiene il compagno Vendola - un atto di schiavismo. Gli operai non verranno rinchiusi nelle fabbriche per ricevere a fine mese uno stipendio da fame. Anzi. Attraverso il piano di riorganizzazione del lavoro, le tute blu Fiat potranno guadagnare di più. A Pomigliano l'aumento per tutti è di 360 euro lordi l'anno (30 al mese). Il salario - e lo spiegano i colleghi di Landini della Uilm mica Sergio Marchionne - sarà più alto di quello attuale con una media di 250 euro in più al mese per un operaio di montaggio (1.630 euro contro i 1.380 attuali) grazie alle maggiorazioni retributive che arrivano dall'aumento dei turni (soprattutto notturni) e dalla monetizzazione del taglio di 10 minuti della pause nel turno (si passa da 40 a trenta minuti al giorno). Ma il segretario della Fiom non si arrende. Oltre allo sciopero del 28 gennaio il sindacato, ha spiegato Landini, organizzerà «una raccolta di firme in tutti i luoghi di lavoro dei metalmeccanici per dire che il contratto deve restare senza deroghe, che gli accordi su Pomigliano e Mirafiori non vanno bene, che le libertà sindacali vanno difese». Ci saranno poi «presidi democratici e dibattiti pubblici in tutte le città, a partire da Torino». La Fiom chiederà di «essere ascoltata in tutte le assemblee elettive di ogni livello» e di «incontrare tutti i segretari delle forze politiche». Gli aspetti giuridici del confronto con Fiat degli accordi firmati senza la Fiom a Pomigliano e Mirafiori saranno poi approfonditi con le consulte giuridiche di Fiom e Cgil. Mentre «il 3 ed il 4 febbraio ci sarà l'assemblea nazionale dei delegati Fiom per definire un percorso per riconquistare un vero contratto nazionale di lavoro, e decidere quindi le iniziative più opportune». Insomma, mentre i lavoratori Fiat rischiavano di perdere il lavoro - almeno senza l'accordo firmato ieri - il sindacalista rosso lavora troppo.

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