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Decalogo Fiat per imprese e sindacati

L'ad Fiat Sergio Marchionne

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Mentre a Roma la politica è tutta concentrata a seguire gli spostamenti di deputati e senatori in vista del voto di fiducia e mentre gli osservatori esteri continuano a interrogarsi sul perché di questa crisi politica, a New York è stata posta una pietra miliare di quella che si annuncia come una svolta epocale nel sistema delle relazioni industriali. Il che vuol dire l'avvio di un cambiamento profondo delle regole del mercato del lavoro, del ruolo del sindacato e di quelle associazioni padronali, a cominciare dalla Confindustria. Regista di questa svolta è la Fiat, o meglio, l'ad Sergio Marchionne che nel giro di 24 ore ha "dettato" ai sindacati ma anche alla Confindustria le nuove regole per competere nel mondo. In ballo non c'è solo il futuro di uno stabilimento, Mirafiori, né la permanenza della Fiat in Italia. La sfida avviata da Marchionne è ben più ampia. Sarebbe riduttivo catalogare il piano dell'ad del Lingotto solo nei termini dei una maggiore flessibilità. Marchionne va oltre. La creazione di una newco Fiat-Chrysler per Mirafiori al di fuori di Confindustria, indica che il sistema imprenditoriale italiano deve uscire dal suo "orticello" e ragionare secondo gli standard della produttività globale. In un mercato sempre più competitivo in cui un gruppo automobilistico per sopravvivere deve avere un livello di almeno 6 milioni di auto l'anno, il modello italiano delle relazioni industriali appare più una gabbia che una opportunità. Non è un caso che Marchionne abbia detto che "dentro o fuori Confindustria è un dettaglio".  E non è nemmeno un caso che il "patto" con il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia sulla nuova società per Mirafiori, sia stato definito a New York invece che a Viale dell'Astronomia, sede dell'associazione imprenditoriale. L'ad di Fiat ha voluto indicare che il gruppo automobilistico ora deve ragionare in sintonia con il partner Chrysler con il quale ha accordi precisi. Questi sono che Fiat Auto che ora ha il 20% di Chrysler nel 2011 avrà un altro 15% e poi l'opzione a salire fino al 51%. Ma per percorrere questa strada Fiat deve impiegare molte risorse e Marchionne deve convincere i mercati che la sua strategia è credibile. Ovvero: gli stabilimenti devono marciare a pieno ritmo e vanno eliminati i fattori di rischio quali assenteismo e scioperi. Ecco quindi l'impegno a cui è chiamato il sindacato al quale l'ad chiede un cambio di mentalità. Chiede di ragionare nei termini di sistema Paese ma soprattutto chiede ai sindacati di ragionare in modo globale a cominciare dalla sintonia con il grande sindacato americano di categoria, l'United Auto Workers (Uaw). Marchionne è stato durissimo: la proposta per Mirafiori è più generosa di quella per Detroit. Un modo per ricordare alle sigle sindacali italiane che la Uaw per salvare la Chrysler ha fatto digerire ai lavoratori, sacrifici pesantissimi (salari dimezzati per i nuovi assunti e un giro di vite a pensioni e sanità). La "lezione" di Marchionne da New York vale non solo per Confindustria e sindacati ma anche per la politica. I "giochetti" parlamentari della maggioranze variabili dovrebbero appartenere all'archeologia del Paese. In ballo c'è il riavvio dello sviluppo economico che richiede nuove regole, un'attenzione più globale, anche alla politica. Chissà quindi che, doppiata la boa di martedì prossimo con il voto di fiducia, maggioranza e opposizione non riescano ad abbandonare gli interessi "di bottega" e a fare propria la sfida Paese di Marchionne.

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