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Free press che fa tendenza Parioli Pocket sbarca a Milano

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.Lo mimavo pensadomi grande. E nella mia stanza la collezione dei fumetti di Topolino era ordinata con la stessa cura». Comincia forse anche da quell'amore infantile il successo di Daniele Quinzi, direttore di Parioli Pocket, il mensile della free press che, nato da una piccola testata del quartiere bene di Roma, è diventato un caso di scuola dell'editoria italiana. Sì perché Quinzi ha solo 32 anni e dopo aver rilevato, con altri soci, il giornale del quartiere lo ha sradicato e ha portato in gran parte delle città italiane. «Il segreto è un mix di contenuti di respiro nazionale e la pubblicità locale. Insieme a una ricerca certosina dei posti dove passa e vive il cosiddetto ceto medio-alto. Parola brutta ma finora la migliore per descrivere l'italiano che produce e che può contare su una parte del reddito da destinare alle sue passioni» spiega Quinzi. Così oggi Parioli Pocket è un piccolo Bignami delle passioni, delle mode e delle tendenze «da leggere quando si ha tempo» aggiunge il giovane direttore. Che, non contento di mettere in prima pagina attrici mozzafiato, a un certo punto della sua carriera ha tentato il colpaccio, riuscito, di parlare anche di politica. Con interviste ai principali protagonisti. Ed è stato il boom. Taccuino e penna in mano, nonostante la giovane età, non ha esitato a suonare al citofono dei palazzi del potere. Che gli hanno aperto e raccontato senza orpelli e manierismi la politica. «Berlusconi dopo un po' di imbarazzo iniziale si è sciolto e le barriere si sono annullate» racconta Quinzi che con Di Pietro ha conversato per un'ora e mezzo rispetto ai venti minuti prefissati. «Casini e Bertinotti mi hanno accolto come fossi un figlio. Alla fine abbiamo parlato come quando si è cena con amici». Non sono mancati i giornalisti tanti e disponibili. L'unico neo: Floris, il conduttore di Ballarò che gli ha cassato la parte dell'intervista che non parlava del suo libro. Incerti del mestiere. Che nulla tolgono alla ricetta vincente: duro lavoro, un pizzico di incoscienza, ma anche marketing del territorio per innovare in un settore maturo come l'editoria. «Una scommessa vinta che dimostra che anche in Italia si può fare un buon prodotto senza nessun finanziamento pubblico» precisa Quinzi. I cui sogni non sono ancora finiti. E anzi già in fase di realizzazione. Dopo Roma, il Veneto (Padova, Treviso, Venezia), la Campania (Napoli, Salerno) e Pescara, la rivista è arrivata all'ombra del Duomo con la nuova edizione di Milano. In tutto sono 400 mila copie tirate in tutta Italia e soprattutto nei posti giusti. Non male per il bambino che metteva in ordine i suoi Topolino.

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