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Fisco a caccia di banche

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Un agente della guardia di Finanza mentre cerca tra fascicoli

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Il fisco non si rassegna a perdere gettito. Così dopo i colpi assestati ai grandi evasori ora è a caccia dei grandi elusori. Di quelli cioè che utilizzano l'interpretazione delle norme fiscali per pagare meno imposte. Gli ultimi che, secondo l'erario hanno approfittato delle maglie a volte troppo larghe delle regole sono le banche. La prima fase inaugurata da qualche tempo dall'agenzia delle Entrate è quella di chiedere gentilmente agli istituti di credito il pagamento del presunto «dovuto» senza ricorrere a strumenti legali. A guidare la strategia conciliativa è il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera che ieri ha ribadito che le «porte sono aperte per quelle banche che, come la Bpm, vorranno chiudere con una transazione il contenzioso fiscale che le contrappone all'Erario e relativo a una serie di complesse operazioni finanziarie realizzate negli scorsi anni al solo fine, almeno questa è la convinzione dell'Agenzia, di eludere il pagamento delle tasse. Le stiamo aspettando». In questo il numero uno delle Entrate è confortato dalla sentenza pilota con cui martedì scorso la commissione tributaria di Reggio Emilia si è espressa per la prima volta sulla materia respingendo il ricorso del Credem, uno dei tanti istituti finiti nel mirino dell'Agenzia, e dalla decisione della Bpm, a cui il Fisco ha chiesto 313 milioni di euro, di voler chiudere in via transattiva la vicenda. Il bottino è cospicuo. Secondo fonti qualificate si tratta di diverse centinaia di milioni ma una stima precisa al momento è difficile anche perché gli avvisi di accertamento (l'atto con cui l'Agenzia contesta il mancato pagamento di imposte, le sanzioni e gli interessi) stanno continuando ad arrivare agli uffici legali degli istituti coinvolti (Intesa, Unicredit, Mps, Carige e molte altre ancora). Probabile comunque che le contestazioni, dirette anche a qualche compagnia assicurativa, sfondino senza troppe difficoltà il miliardo di euro. Il direttore dell'Agenzia ha definito quella di Reggio Emilia «una sentenza molto importante» che «dà ragione» al fisco su un tema «molto delicato, quello di utilizzo distorto dei rimedi contro le doppie imposizioni internazionali».

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