L'Irlanda spaventa i mercati
Iventi d'Irlanda portano ancora tempeste nel mercato e tra gli operatori del Vecchio Continenete. Il premio di rendimento pagato da Dublino per convincere gli investitori a sottoscrivere quote titoli statali in scadenza è volato oltre 550 punti oltre quelli offerti dal bund tedesco, trascinando a livelli record anche gli i tassi portoghesi. Mare agitato anche per l'Italia, che viaggia ai massimi da fine settembre oltre quota 160 punti, risente anche dei timori d'instabilità politica. A mettere in fibrillazione i mercati le voci e i dubbi sulla capacità di Dublino di tenere sotto controllo i conti pubblici date le condizioni delle banche nazionali. Il commissario Ue all'Economia Olli Rehn è stato ieri a Dublino, dove ha incontrato il ministro delle Finanze Brian Lenihan per discutere di tagli alla spesa e aumenti delle tasse. I titoli irlandesi continuano a cedere terreno e appeal presso gli investitori (per il decimo giorno consecutivo) e a fermarli non è riuscita neanche la manovra 2011 da sei miliardi annunciata la scorsa settimana. I tassi che Dublino deve pagare si avvicinano ai livelli della Grecia poco prima che la Ue e il Fmi accorressero in aiuto di Atene. E sui mercati molti scommettono che la Banca centrale europea stia intervenendo per stabilizzare i bond irlandesi Mentre la Grecia viaggia con gli «spread» sotto i 900 punti dopo l'esito positivo delle elezioni amministrative per il Pasok al governo, la Spagna sale invece a 203. Premi in rialzo anche per l'Italia: i 165 centesimi di spread di oggi si confrontano con il massimo storico di 178 punti segnato a giugno sulla scia della crisi greca. A livelli record anche lo spread portoghese, che ha raggiunto 440 punti. Il Financial Times sottolinea come le misure di «austerity» di Lisbona, pur avendo un forte impatto negativo sulla crescita, non stiano riuscendo a togliere il Paese dalla «linea di fuoco». Una situazione drammatica che ha anche un effetto positivo. E cioè la ritirata dell'euro sui mercati valutari internazionali. Sul finire degli scambi nel Vecchio Continente la moneta unica è precipitatata a 1,3895 dollari contro una chiusura di 1,4032 segnata venerdì scorso a New York.