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Le radici di Fiat restano in Italia

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Paroletravisate e messaggio stravolto. Sergio Marchionne rinnega la televisione e le polemiche nate dopo l'intervista rilasciata a Fabio Fazio. Per la seconda volta in 48 ore il manager del rilancio del Lingotto conferma che l'Italia resta prioritaria nelle politiche del gruppo. In Fiat «intendiamo rafforzare le nostre radici qui in Italia» perché «sentiamo di avere una grande responsabilità verso il nostro paese». Ma altrettanto nettamente avverte: «Ignorare i problemi, o peggio ancora nasconderli sotto un facile ottimismo, è il rischio più grande che possiamo correre». Marchionne, ad del Lingotto, non si muove dal punto. E il punto è che, in Italia, «esiste un problema di competitivita». Quello, spiega, era il senso delle parole dette nell'intervista concessa a Fazio. A ribadire, tuttavia, la volontà del Lingotto di restare in Italia ci pensa anche il presidente della Fiat, John Elkann: «Siamo determinati e convinti ad andare avanti» dice. Spiega che si può continuare a fare industria in Italia perché «l'Italia è un paese manifatturiero e lo rimarrà. E il progetto su cui siamo impegnati, Fabbrica Italia, vuole continuare a fare manifattura in Italia». Il presidente di Fiat parla a Torino, da dove precisa che esistono «le condizioni per fare in Italia macchine anche a minor valore aggiunto che in Germania, come la Panda, in modo profittevole e soddisfacente per chi le fa e per chi le compra». Marchionne ha invece ritirato il premio Pico della Mirandola quando parla alla platea del teatro dell'omonimo paesino del Modenese. Si capisce che non si rivolge solo ai presenti. Fuori, mentre entrava, un gruppo di contestatori gli ha urlato «vergognati». «Proprio perché vogliamo impegnarci per sanare l'inefficienza della nostra rete industriale qui, in Italia, dobbiamo partire dalla verità» spiega. Ribadisce che, quando ha detto che «l'Italia, per il gruppo Fiat, è un'area in perdita, non significa che vogliamo andarcene», perché invece il progetto è che «Fiat possa crescere in Italia e possa crescere con l'Italia». Invece «mi spiace constatare che il fiume di parole che ha fatto seguito a quella intervista si sia trasformato in un processo alle intenzioni».

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