In Italia ripartono mutui e investimenti
Il mercato immobiliare rialza la testa, in Italia nel primo trimestre del 2010 le convenzioni relative alle compravendite di unità immobiliari sono state pari a 190.728, in aumento del 2,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. È quanto emerge dal rapporto su compravendite immobiliari e mutui diffuso dall'Istat, che sottolinea come «il fenomeno mostri per la prima volta variazioni tendenziali positive dopo una fase di discesa che era iniziata nel 2007, proseguita con intensità crescente fino al primo trimestre del 2009 e rallentatasi nei trimestri successivi». MONITO DEL CODACONS - Per il Codacons i dati Istat sulle compravendite immobiliari nel primo trimestre del 2010 «non indicano affatto un segnale di ripresa, ma sono anzi un indice della crisi in atto. L'aumento dei mutui, infatti, si registra principalmente per via dei bassi tassi di interesse legati alla recessione. I tassi di riferimento per i mutui, come ad esempio l'euribor, dopo aver superato il tetto storico del 5% nel settembre 2008, con lo scoppio della crisi sono progressivamente scesi e nei primi tre mesi del 2010, a cui si riferiscono i dati Istat, fluttuavano al loro minimo, tra lo 0,3% e l'1,2%. Ovvio che chi doveva fare un mutuo ha cercato di stipulare il contratto in questo periodo di tassi favorevoli. È bene ricordare, inoltre, che per quanto il mutuo sia un investimento si tratta pur sempre di un debito che le famiglie contraggono con le banche. A dimostrazione che la crisi non è finita, infine, c'è il dato delle compravendite di immobili ad uso economico che continuano a registrare un andamento negativo (-5,1%)». Il Codacons mette in guardia i consumatori «non stipulate mutui a tasso variabile solo perchè in questo momento sono vantaggiosi se poi non siete in grado di sostenere aumenti delle rate del 30% e oltre. Infatti, nel corso di un periodo almeno ventennale i tassi inevitabilmente salgono e scendono. Meglio decidere tra fisso e variabile, dunque, in relazione alla propria condizione reddituale piuttosto che tentare analisi di economia monetaria internazionale sull'andamento futuro dei tassi».