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I sindacati convocati rispondono con lo sciopero

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Pocoimporta se il governo sta cercando di trovare con il concorso delle sigle sindacali e non quindi con un atto di dirigismo, la soluzione per il salvataggio della compagnia. Poco importa se lo sciopero rischia di aggravare la situazione dei conti. Poco importa se c'è una violazione delle norme sullo sciopero e se gli utenti, più numerosi a fine estate, avranno dei disagi perchè non vengono garantite le prestazioni indispensabili. La priorità per il sindacato è mostrare i muscoli e dimostrare di poter condizionare l'esito di una vertenza. Tutto questo sta accadendo alla Tirrenia. Il ministro dei Trasporti Altero Matteoli ha convocato i sindacati per il 6 settembre per affrontare le problematiche legate alla privatizzazione della compagnia di navigazione. Come risposta la Uil Trasporti ha confermato lo sciopero del 30 e 31 agosto con questa motivazione: se il governo avesse voluto, avrebbe potuto convocarci prima. Ovvero il sindacato contesta a Matteoli non un piano, un progetto, ma la data della convocazione che è successiva a quella dello sciopero. Perché? La Uilt sostiene che il 6 settembre il ministro «non avrà sicuramente niente di nuovo da dirci rispetto a una data antecedente al 30 e al 31». Sempre in nome di questo principio la Uilt risponde con uno sberleffo all'ordinanza di differimento dello sciopero inviata da Matteoli e ribadisce: lo sciopero si farà. Fa anche spallucce alla richiesta della Commissione di garanzia sugli scioperi di revocare lo sciopero che infrange la regola della franchigia estiva e della mancata garanzia delle prestazioni indispensabili. Intanto spunta per la Tirrenia l'ipotesi di una bad company, una soluzione simile all'Alitalia. Difficile infatti trovare un compratore che si accolli oltre al dissesto finanziario, le prove muscolari di un sindacato poco attento al bene della compagnia. La parabola del sindacato è già cominciata.

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