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L'ultimatum di Marchionne Senza garanzie non si investe

Il presidente di Confindustria Emma Marcegallia e l' amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne

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«La disdetta del contratto dei metalmeccanici alla sua scadenza è possibile. Se necessario siamo disposti anche a seguire questa strada. Per noi la cosa importante è raggiungere il risultato e avere la certezza di gestire gli impianti. Produrre a singhiozzo, con livelli ingiustificati di assenteismo, o vedere le linee bloccato per giorni interi è un rischio che non possiamo accollarci». L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne va dritto per la sua strada. Ieri è stata un'altra gironata cruciale per il destino della Fiat. Marchionne ha incontrato prima a Torino i sindacati, il ministro del Welfare Sacconi e gli enti locali poi il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia. Sul tavolo la discussione sul futuro degli investimenti del Lingotto, dopo la decisione di trasferire la produzione della monovolume in Serbia e l'ipotesi di uscire dalla Confindustria e quindi disdire il contratto nazionale. Marchionne ha confermato il piano «Fabbrica Italia» ricordando che in ballo ci sono investimenti in Italia per 20 miliardi. Ma a fronte dell'entità considerevole di questi stanziamenti è necessario che l'azienda abbia la certezza della pace sindacale. «Dobbiamo assicurarci che ci sono le condizioni per cui quelli che non sono d'accordo non blocchino la maggioranza dei dipendenti della Fiat» ha detto a chiare note Marchionne e ha messo i sindacati di fronte a un bivio: «A questo punto serve un sì o un no. Sì vuol dire modernizzare la rete produttiva italiana, no vuol dire lasciare le cose come stanno, accettando che il sistema industriale continui ad essere inefficiente e inadeguato a produrre utile e quindi a conservare o aumentare i posti di lavoro». Poi l'ad ha voluto chiarire che il trasferimento della produzione della monovolume in Serbia «non danneggerà Mirafiori». Nel pomeriggio l'ad ha incontrato il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia. I due hanno concordato di trovare «nel più breve tempo possibile una strada per cui Fiat, rimanendo all'interno del sistema Confindustria, possa mantenere i suoi obiettivi di produttività e di competitività indicati nel contratto di Pomigliano». Il che significa che Confindustria dovrà definire con i sindacati nuove regole per garantire competitività all'azienda. Ma se non si troverà un'intesa, ha affermato Marchionne, «c'è sempre un piano B». Il ministro Sacconi ha annunciato che partiranno ora tavoli bilaterali azienda per azienda sull'attuazione del progetto «Fabbrica Italia», il 15 settembre si parlerà di Termini Imerese. E oggi ci saranno altri due incontri tra l'azienda e i sindacati di categoria: uno sulla newco di Pomigliano e uno sulla Fabrica Italia. La Cisl ha detto sì a Marchionne ma occorre che «l'ad faccia chiarezza che le modalità di investimento rimarranno nel perimetro delle regole del nuovo sistema contrattuale. Per il leader della Uil Luigi Angeletti «bisogna vedere riconfermato l'impegno ad incrementare gli stabilimenti italiani» mentre Epifani della Cgil ha precisato che «nessuno vuole una conflittualità permanente». Intanto però a Pomigliano molti lavoratori si dicono pronti «a scendere in piazza per difendere il contratto nazionale».

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