Governo in pressing su Fiat Sacconi avvia la trattativa
Scendono tutti in campo per evitare il possibile trasferimento della linea di produzione della nuova monovolume di Fiat verso la Serbia. A difesa dell'occupazione italiana è sceso in campo persino il presidente del Consiglio che ha chiesto al Lingotto di fare «scelte di delocalizzazione che non siano a discapito dell'Italia». Più una dichiarazione di principio, però, considerato che la crisi delle vendite e la ricerca di redditività non sono più conciliabili, almeno dal punto di vista aziendale, con i desiderata della politica. Berlusconi rispondendo al suo dna da imprenditore ha però anche precisato che «in una libera economia e in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione». Già il punto è questo: mettere d'accordo l'interesse a tutelare i lavoratori italiani con la legittima libertà dell'azienda. E a trovare il punto di equilibrio ci proveranno il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi d'intesa con il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota in un tavolo convocato per mercoledì prossimo nella sede della Regione Piemonte. All'incontro sono state invitate la Fiat Auto e le organizzazioni sindacali per esaminare il Piano Fabbrica Italia e le sue ricadute produttive e occupazionali sui siti produttivi italiani. Sarà dura in ogni caso trovare una exit strategy. Il governo di Belgrado ha, infatti, confermato ieri l'impegno della Fiat a produrre nuovi modelli in Serbia a partire dal 2012. «Siamo fortemente impegnati nella collaborazione con la Fiat per un contratto di joint-venture che sta fornendo grandi risultati sia alla Serbia che alla casa automobilistica italiana» ha detto Nejbosa Ciric, segretario di Stato al ministero dell'Economia di Belgrado. Intanto i sindacati continuano a portare avanti la loro campagna di opposizione al piano Marchionne. Con scarsi risultati però. Segno forse di una maggiore maturità dei lavoratori che puntano a salvare il posto. A Pomigliano d'Arco secondo Torino sarebbero solo 5 su 1119 i lavoratori che avrebbero aderito allo sciopero di ieri. Più alta l'adesione per lo Slai Cobas, che lo ha proclamato, e che ha parlato di un 40% di astensioni. Proprio l'esperimento che Fiat sta tentando di avviare nello stabilimento campano è diventato oggetto di una presa di posizione del New York Times che ieri dalle sue colonne ha dato la sua chiave di lettura. «Gli sforzi della Fiat per rendere più produttivi i suoi dipendenti nello stabilimento» di Pomigliano «a nord di Napoli potrebbero segnalare se gli italiani sono pronti o meno a quel tipo di cambiamento necessario all'Italia per evitare la rovina finanziaria ed essere più competitiva nei confronti dei paesi del Nord Europa e del resto del mondo».