Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Bondi arma i legali per difendere la Centrale del Latte

default_image

  • a
  • a
  • a

seguedalla prima (...) alimentare, Enrico Bondi, ha già dato mandato ai suoi avvocati per resistere contro ogni azione legale promossa dal sindaco Alemanno. L'obiettivo è mantenere il controllo della società di cui è «legittima titolare», sottolineano fonti legali, che il Campidoglio vorrebbe invece mettere nelle mani dei produttori, e non di un'azienda privata. Lo scorso 2 marzo, una sentenza del Consiglio di Stato ha riportato l'orologio della Centrale indietro di dodici anni: i giudici hanno infatti deciso che la privatizzazione del 1998 è da considerarsi nulla così come il contratto di vendita per 80 miliardi di vecchie lire del 75% della Centrale del Latte alla Cirio di Cragnotti (quota poi rivenduta un anno più tardi alla Parmalat di Tanzi. Palazzo Spada ha inoltre condannato il Comune di Roma a risarcire la società Ariete Fattoria Latte Sano che potrebbe rivendicare un danno non inferiore a 50 milioni di euro. Alemanno deve dunque fare i conti con la tegola ereditata dalla giunta Rutelli (e in particolare dall'allora assessore Lanzillotta che gestì la privatizzazione). ll Comune di Roma, se riuscisse a rientrare in possesso delle azioni della Centrale, potrebbe decidere di rimetterla in gara oppure tenersela. Il 6 luglio ha infatti chiesto ai giudici di ordinare a Parmalat la riconsegna del pacchetto di controllo della Centrale. Ma Bondi non ci sta. Secondo i legali del gruppo la sentenza riguarda solo la validità della cessione delle azioni della Centrale del Latte dal Comune di Roma a Cirio e il conseguente contratto transattivo. Ma, spiega la società in un comunicato ufficiale, Parmalat Spa venne in possesso di tali azioni attraverso l'aumento di capitale di Eurolat. E per impugnare un aumento di capitale non possono trascorrere più di 180 giorni dalla trascrizione della delibera assembleare alla Camera di commercio. Da allora sono passati dieci anni. Ergo, la Centrale del latte è della Parmalat. Non solo. Quando ha conquistato il timone di Collecchio, nel 2003, Bondi ha ricevuto in eredità dalla disastrosa gestione Tanzi una Centrale dissestata: oggi la società vale attorno ai 200 milioni di euro, i conti sono stati rimessi a posto ed è diventata il marchio di riferimento per tutto il Lazio. Ecco perché l'ad del gruppo emiliano non intende mollare la partita e darla vinta a Roma. Dalla sua, Parmalat ha anche il sindacato. Secondo il segretario nazionale della Flai Cgil, Antonio Mattioli la Centrale deve continuare a fare parte del perimetro industriale della Parmalat ed è «intoccabile». Di qui l'invito al sindaco Alemanno ad «adoperarsi con il governo centrale affinché si definisca questo piano piuttosto che a rappresentare interessi corporativi che nulla hanno a che vedere con il futuro produttivo ed occupazionale della Centrale». C'è infatti chi ha visto nella scelta del sindaco romano di chiamare in campo i produttori di latte (ovvero una categoria che gli è sempre stata vicina da quando era ministro delle politiche agricole) promettendo di trasformarli da allevatori in imprenditori, un modo per prendere tempo, annullare anche la seconda vendita dalla Cirio a Parmalat ed evitare di pagare i 50 milioni di danni chiesti dalla Ariete. Per poi riprendersi tutta la Centrale e ri-privatizzarla. Sulla sua strada ha però trovato un manager come Bondi che, lo ha dimostrato la guerra fatta e vinta a colpi di transazioni con i colossi bancari dopo il crac Tanzi, ha acquisito una certa pratica in battaglie legali. E questa è solo all'inizio. Camilla Conti

Dai blog