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Marchionne vince e detta condizioni

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È stato il giorno della riflessione ieri sia a Pomigliano sia a Torino. Il giorno della valutazione a mente fredda del risulto del referendum con il quale gli operai dello stabilimento campano si sono espressi sull'accordo per rilanciare la produzione siglato da tutti i sindacati, tranne i duri della Fiom Cgil. Non c'è stato il plebiscito atteso a favore di un piano di investimenti da 700 milioni di euro, che dovrebbe riportare la produzione della Panda in Italia. Un'intesa che prevede anche una nuova riorganizzazione del lavoro per sconfiggere la piaga dell'assenteismo, cronica a Pomigliano, e a recuperare produttività. A fine spoglio, infatti, e cioè a notte fonda il colpo di scena. Gli operai del Giambattista Vico hanno rovesciato tutti i pronostici, anche quelli meno rosei prospettati dal fronte del «sì», facendo uscire dalle urne un 62,2% di favorevoli contro il 36,7% dei «no». Un dato che sicuramente neanche i sindacati firmatari dell'accordo si sarebbero mai aspettati. Eppure è accaduto. La sirene che parlavano di un'abbassamento delle tutele e della garanzie conquistate dai lavoratori in anni ormai lontani e in contesto storico ormai geologico hanno fatto breccia. Inevitabile la delusione a Torino. Al punto che la prima mossa della mattinata di ieri sembrava presagire un abbandono da parte dell'azienda. Il Lingotto affida a un comunicato, in tarda mattinata, il commento al voto espresso dai lavoratori della fabbrica campana. Marchionne, che nel pomeriggio lascia Torino e vola negli Usa, lo ha concordato direttamente con i suoi collaboratori. Nel testo non si parla di trasferimento della Panda in Polonia, ma traspare un'evidente irritazione nei confronti della Fiom. «La Fiat ha preso atto - ha spiegato la la nota - della impossibilità di trovare condivisione da parte di chi sta ostacolando, con argomentazioni dal nostro punto di vista pretestuose, il piano per il rilancio di Pomigliano». È la rabbia dell'amministratore delegato della Fiat che già era apparsa in modo chiaro nei giorni scorsi e che conferma che l'intenzione non sembra quella di cedere alle richieste della Fiom e di riaprire alcuna trattativa sull'accordo. C'è un punto nella dichiarazione della Fiat che non sfugge ai sindacati. Non si cita la futura Panda ma si parla genericamente della «realizzazione di progetti futuri». Le ipotesi allo studio sono diverse. Se la scelta sarà quella di andare avanti per la nuova Panda l'azienda continuerà a valutare la possibilità di una newco, una nuova società che riassumerebbe con un nuovo contratto i singoli lavoratori di Pomigliano disponibili ad accettare le condizioni poste dall'accordo. Un dubbio che fa entrare in campo subito la politica. È «doveroso» realizzare gli investimenti, ha spiegato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Ho fiducia nella nota determinazione di un manager come Marchionne» e, ad ogni modo, «un'ipotesi diversa dal rispetto dell'accordo sarebbe assurda e molto grave». Niente «scherzi», ha poi avvertitp il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha chiesto senza mezzi termini al Lingotto di andare avanti perchè «non ci sono scuse». Altrimenti, saremo «contro» a qualsiasi «abbozzo di ripensamento» con «la stessa forza con la quale abbiamo difeso i posti di lavoro», aggiunge. Fa sentire la sua voce anche il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: «Ora la Fiat senza tentennamenti, senza se e senza ma, ribadisca l'investimento su Pomigliano». Poi la conferma. Torino va avanti ma solo con i sindacati che hanno firmato quell'intesa e con loro cercherà «le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri».

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