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Il futuro di Pomigliano appeso al voto

Manifestazione davanti alla Camera contro l'accordo separato a Pomigliano d'Arco

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Sale la tensione a Pomigliano in attesa del referendum che oggi dovrebbe portare in fabbrica i 5.133 tra operai ed impiegati dello stabilimento, chiamati ad esprimersi a favore o contro l'accordo tra Fiat e sindacati. Ieri è continuata la campagna referendaria: da un lato Fim, Uilm, Fismic e Ugl che invitano gli operai a votare sì, con il sostegno di molte forze politiche e istituzioni (hanno preso posizione Regione, Provincia e Comune), e dall'altro Fiom e Slai Cobas, sostenute dalla sinistra. Tra Fiom e Cobas le posizioni sono diversificate. La Fiom, infatti, che ha rifiutato di firmare l'accordo, sostiene che il referendum è «illegittimo», ma ha comunque invitato i lavoratori ad andare a votare, astenendosi dal dare una indicazione. Lo Slai Cobas, invece sta cercando fino all'ultimo di convincere i lavoratori a votare no, e ha accreditato 21 scrutatori che vigileranno sulle operazioni di voto. Ma mentre si decide la sorte di Pomigliano, i sindacati fanno uso ancora dell'arma dello sciopero rendendo il clima più infuocato. A Termini Imerese è stata indetta una mobilitazione per protestare contro le parole dell'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, secondo cui i lavoratori avrebbero scioperato, lunedì scorso, solo per riuscire a vedere la partita dell'Italia contro il Paraguay. «Non siamo dei fannulloni» è stata la reazione in coro che è venuta dai sindacalisti della Fiom. Scioperi anche alle Meccaniche di Mirafiori e alla Itca, azienda di stampaggio di Grugliasco che occupa 400 dipendenti, questa volta contro l'accordo separato di Pomigliano. Tutte le previsioni indicano che vincerà il sì all'accordo ma l'azienda resta comunque guardinga e vuole valutare bene il risultato della consultazione prima di prendere decisioni. Non è detto infatti che il referendum sia sufficiente per chiudere questa lunga partita. Una vittoria con scarso margine potrebbe spingere Sergio Marchionne a rivedere il progetto di rilancio dell'impianto campano (700 milioni di investimento e il trasferimento della produzione della Panda attualmente localizzato in Polonia). La Fiat non può permettersi il rischio che, a fronte di un ingente stanziamento finanziario, lo stabilimento sia ingestibile e in balia di fronde polemiche interne. La Fiat teme eventuali turbolenze nell'applicazione concreta dell'intesa, e sta quindi studiando tutte le diverse ipotesi che possano evitarle, in particolare sui punti controversi dell'assenteismo e degli scioperi improvvisi. Per questo aspetta il risultato del referendum per esaminare la situazione e prendere le proprie decisioni. Si starebbero valutando diverse opzioni. Secondo indiscrezioni ci sarebbe anche l'ipotesi di una nuova società che potrebbe gestire l'impianto adottando come regole di governo quelle contenute nell'accordo separato. La Fiat al momento non ha commentato. Intanto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia sottolinea che «non ci sono assolutamente lesioni dei diritti dei lavoratori nell'accordo di Pomigliano» e comunque «non si possono tutelare gli assenteisti».

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