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Guidi: senza riforme siamo spacciati

Federica Guidi

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SANTA MARGHERITA LIGURE - La crisi non può essere un alibi per non affrontare il problema dello sviluppo del Paese. Il rigore dei conti deve andare di pari passo con la crescita perchè «senza il rigore siamo un Paese spacciato ma senza crescita siamo un Paese morto». È duro il richiamo che il presidente dei giovani di Confindustria Federica Guidi fa alla classe politica. Al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, riconosce il merito «di avere tenuto ferma la barra nella tempesta della crisi» ma, avverte la Guidi alla platea del convegno di Santa Margherita Ligure, «i sacrifici non finiscono con la manovra». Pertanto occorre «utilizzare la crisi come occasione, non per mettere la polvere sotto il tappeto ma per cambiare le regole del gioco». «L'arte di arrangiarsi non serve più, servono riforme vere» arringa la Guidi. E questo per la presidente dei giovani vuol dire interventi sul fisco, liberalizzazioni, semplificazione della pubblica amministrazione. E siccome «non ci sarà più una prova d'appello, è necessario un nuovo patto sociale» tra tutte le categorie. Non solo. Fa un appello agli stessi imprenditori: è giunto il tempo di salire sul ring, dobbiamo smettere di accontentarci di essere solo spettatori. Insomma la Guidi rivendica agli industriali un ruolo attivo nei cambiamenti del Paese. La presidente quindi chiede di intervenire sulla Costituzione in due punti: inserire l'obbligo del pareggio di bilancio per lo Stato, come ha fatto la Germania e una revisione dell'articolo 75 per rendere abrogabili, tramite referendum, le leggi tributarie. Per i giovani di Confindustria bisognerebbe porsi l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2026 nella convinzione che «non si può vivere al di sopra dei propri mezzi». Altro tema da affrontare è quello delle pensioni. L'aggiustamento effettuato sull'età delle statali non basta perchè la logica «non può essere quella di intervenire solo sotto il richiamo europeo». Piuttosto serve «una riforma vera, tornando a quella Maroni» ma di tutto questo «non c'è traccia nell'agenda politica» nonostante la spesa sociale «sia sbilanciata e tutta concentrata sulla previdenza e sulle persone che escono dal mercato del lavoro trascurando quelli che entrano».

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