In pensione a 65 anni con un solo scalone
Un solo scalone, nessuno step intermedio. L'età di pensionamento delle donne nel pubblico impiego salirà a 65 anni dal primo gennaio 2012. Ma dovrebbe esserci una clausola di salvaguardia per quelle che matureranno i requisiti per uscire dal lavoro entro il 31 dicembre 2011. Questo per evitare fughe consentendo alle statali - che in base all'attuale normativa potrebbero andare in pensione a 61 anni durante il prossimo anno - di poter mantenere questa possibilità anche negli anni successivi, quando scatterà l'innalzamento. Sarebbe questo l'orientamento del governo. Fallito il tentativo di mediazione con la Ue del ministro del Lavoro Maurizio Saconi, oggi il Consiglio dei ministri si occuperà di mettere nero su bianco il diktat della Commissione europea per evitare una procedura d'infrazione e il pagamento di una sanzione molto severa. La Ue ha imposto l'equiparazione dell'età pensionabile delle donne agli uomini entro il 2012. Sacconi ieri ha ribadito che l'intervento interesserà solo il pubblico impiego; il settore privato resta fuori. Il governo potrebbe inserire il provvedimento in un emendamento alla manovra. Due le ipotesi sul tappeto: un salto unico a 65 anni allo scattare del 2012, oppure due scalini (63 anni nel 2011 e 65 nel 2012). Il governo sembra più propenso al passaggio diretto a 65 anni dal primo gennaio del 2012. È una soluzione più di impatto ma allo stesso tempo in qualche modo più generosa. Questo perchè consentirebbe a chi ha 61 anni, intanto, di maturare il diritto ad uscire anche nel 2011. Anche se poi l'uscita dovrà comunque fare i conti con lo slittamento delle finestre previsto dalla manovra economica a partire dal 2011. Ciò significa che fino al 31 dicembre 2011 si andrà in pensione con le attuali regole come modificate con il decreto legge da poco varato contenente la manovra correttiva. L'età per la pensione di vecchiaia per tutto il 2011 resterebbe fissata a 61 anni per scattare a 65 anni dal primo gennaio 2012 con uno scalone di 4 anni. Il vice Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola, spiega che «la scelta con effetti meno drastici è quella di uno scalone il 1° gennaio 2012 da 61 a 65 anni. In questo modo le donne che maturano nel corso del 2011 i requisiti previsti (61 anni di età e 20 anni di servizio) potranno, se lo riterranno, andare in quiescenza». Se invece si prevedessero due scaglioni di due anni ciascuno (63 anni il 1° gennaio 2011 e 65 anni il 1° gennaio 2012) nessuna lavoratrice potrebbe uscire dal tunnel fino a conclusione del periodo». Sacconi ha ricordato che c'è una sentenza della Corte di Giustizia europea e la posizione della Commissione europea è molto ferma. Ergo non sono ammesse deroghe: il 2012 è il termine ultimo per l'equiparazione. Nel settore privato continuerà ad esserci la differenza fra l'età di pensione delle donne e quella degli uomini, che crescerà più moderatamente sulla base del collegamento che, come ha spiegato Sacconi, «abbiamo instaurato tra aspettativa di vita ed età di pensione dal 2015». Il diverso trattamento per le donne, tra settore pubblico e privato, si spiega con il fatto che «il governo è attento a consentire la conciliazione tra tempo di lavoro e quello che le donne dedicano alla famiglia». Il ministro ha aggiunto che le risorse che derivano dall'innalzamento dell'età di pensione delle donne sono state già in parte veicolate sul fondo dei Servizi di cura, e l'intenzione è di diffondere i nidi familiari. C'è chi nel governo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche familiari, Carlo Giovanardi, ha proposto al premier Berlusconi di accogliere solo parzialmente la richiesta della Ue facendo eccezione per le lavoratrici con figli. Altro tema caldo è quello delle pensioni di invalidità. Secondo i dati forniti da Sacconi, con l'innalzamento della percentuale di invalidità si avrà un risparmio per il triennio 2011-2013 di 10, 30 e 40 milioni. Minori spese (60, 130 e 180 milioni nel 2011-2013) verranno dal piano di verifiche straordinarie con altre 100 mila visite nel 2010 e 200 mila visite all'anno per i prossimi due anni. Sacconi, dati alla mano, durante il question time alla Camera, ha sottolineato l'incremento degli assegni di invalidità passati da 3,2 ogni cento abitanti nel 2001 a 4,7 nel 2009 e ciò perchè «è stata lasciata al centro la funzione di spesa e devoluta in periferia la più comoda funzione di riconoscimento dell'invalidità».