Finmeccanica, lo zio Sam e i suoi nemici
seguedalla prima (...) escort baresi; dalla nuova e già impallinata prefetto dell'Aquila Giovanna Mautone a Guido Bertolaso; dal “privé dell'hotel De Russie” dove una cimice avrebbe registrato conversazioni sospette fino alle “ndrine calabresi”. Né potevano disertare collegamenti con le inchieste di Luigi De Magistris. Dietro al polverone, di certo c'è anche un'altra indagine, ma di segno opposto: per aggiotaggio sul titolo Finmeccanica. Non essendo i giornali né giudici né pm, riportare le notizie (certe) è giusto. E a quanto pare emergerebbe un quadro di affaristi di varia risma che volevano scambiarsi affari e favori all'ombra del colosso pubblico. Il punto resta però lo stesso: i vertici della Finmeccanica, l'attività della holding e delle sue controllate, sono coinvolti in qualche maniera con Mockbel e amici? Ne hanno adottato i metodi? La domanda resta senza risposta, ma il polverone non si deposita neanche un po'. Se si parla di “sistema Finmeccanica” sul quale indagherebbero le procure, si porta il lettore, e qualche osservatore non disinteressato, a credere che le strategie del gruppo fossero improntate alla logica di un'associazione a delinquere. Che tra il numero uno Guarguaglini e Mockbel (o magari Tarantini) ci fosse un sodalizio stabile. Che affari e commesse in giro per il mondo, a cominciare dagli Usa, avessero il loro corrispettivo in quei traffici vernacolari romano-calabri. È così? E se non è così, e se non esistono prove provate che sia così, che diamine è il “sistema Finmeccanica?”. L'articolo cita ad esempio l'acquisto della Drs Technologies, azienda Usa leader negli apparati elettronici militari, il cosiddetto teatro di battaglia intelligente. “Pagata cinque miliardi di dollari prima del crollo delle borse” nota il settimanale. Dunque “un pessimo affare”, per il quale Finmeccanica si è indebitata ed è ricorsa, osserva ancora L'Espresso, ad un finanziamento della Banca Finnat. La quale a sua volta sarebbe “crocevia della finanza capitolina più sensibile al Vaticano”, e dunque diventa automaticamente “arcipelago Finnat”. Bene, stiamo parlando anche in questo caso di un'azienda nota da oltre cento anni in tutto il mondo del credito, radicata a Roma dove tra l'altro ha appena lanciato assieme ad Ina-Assitalia, Confcommercio e altri 42 imprenditori una iniziativa per le piccole e medie imprese che ha ricevuto la benedizione del Campidoglio e della Provincia. Questo, perché tra “sistemi”, “arcipelaghi” e via con le allusioni, potrebbe nascere il sospetto di qualcosa di simile alla banda della Magliana. Ma torniamo alla Finmeccanica e ai suoi contratti. Opera in settori, la difesa e l'energia, doppiamente colpiti dalla crisi globale e dal cambio di amministrazione Usa. Ciò nonostante sta resistendo e si espande sul mercato americano, il più importante committente del mondo, dove si batte con giganti come la Lockheed Martin e la Mc Donnel Douglas-Boeing. Questi nomi dicono già di per sé a quale livello di concentrazione sia giunto il business dell'aerospazio e degli armamenti. Lavora bene la Finmeccanica? Guardare ai ritorni in neppure due anni – e che anni – dell'affare Drs, un investimento strategico in un'azienda di 73 mila dipendenti (quanti la Finmeccanica stessa) appare quantomeno bizzarro. Resta d'altra parte il fatto che in base all'ultimo bilancio 2009, la holding di Guarguaglini attraverso la Drs ha accresciuto dell'86 per cento i ricavi nell'elettronica per la difesa, il che ha consentito un aumento del 21 per cento del fatturato generale mentre l'indebitamento si è nonostante tutto ridotto di 300 milioni. In ogni caso, non essendo giudici ma neppure analisti, non sta a noi valutare la bontà effettiva di questi risultati. Il giudizio spetta all'azionista Tesoro e soprattutto ai mercati. È certo però che quella che fino a un ventennio fa era un player minore sul mercato mondiale, interamente domestico e controllato dall'Iri, oggi ha tre mercati propri: Usa, Italia e Gran Bretagna. L'Espresso ironizza che la Finmeccanica faccia affari con gli Emirati arabi e Paesi malvisti dalla Casa Bianca come Russia e Libia, o venda droni (gli aerei senza pilota) al Pakistan “mossa che ha fatto inferocire gli yankees”. Qui bisogna intendersi: con chi dovrebbe cercare affari la Finmeccanica? Con Emergency? I francesi – che attraverso la Dassault sono stati per anni i principali fornitori dei regimi africani e mediorientali – non sono per caso gli stessi che hanno chiesto al governo italiano il soccorso della Finmeccanica per non far fallire l'Airbus? E quanto agli yankees inferociti, bisogna essere “servi degli Usa”, oppure ogni tanto entrarci in concorrenza? Senza contare il fatto che gli yankees, da Clinton ad Obama passando per Bush, hanno interamente armato il Pakistan, a cominciare dall'intelligence. Altro che droni. Ripetiamo ciò che abbiamo scritto qualche giorno fa. Nel “sistema Finmeccanica”, cioè strategie ed alleanze in un mercato popolato non da educande, non riusciamo a capire dov'è il problema. O l'Italia decide di abbandonare anche questo settore – magari ai nostri partner francesi o tedeschi – oppure se ci sta deve agire in base all'interesse nazionale. Se invece ci si attiene alle inchieste, ancora non scorgiamo nulla di concreto dietro la girandola di nomi e stralci di intercettazione. Certo, sappiamo benissimo che tanto gli affari della Finmeccanica quanto la poltrona di Guarguaglini, in scadenza tra un anno, fanno gola a molti, in Italia e altrove. Ma che c'entra Mockbel? O per dirla con gli yankee, “where is the beef”? Marlowe