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L'Europa: donne in pensione più tardi

Una donna sfoglia un modulo per la richiesta di pensione

Sì di Confindustria: "È necessario"

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Non è certo un buon momento per i lavoratori dello Stato. La manovra del governo ha bloccato per loro i rinnovi contrattuali fino al 2012. E ieri a mettere sotto pressione una categoria composta da 3,5 milioni di dipendenti è arrivata la Commissione europea. Che ha lanciato un ultimatum molto preciso al governo di Roma: se non equiparerà immediatamente l'età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico (oggi differente: 65 per i primi e 60 per le seconde) sarà di nuovo deferita alla Corte di giustizia europea. Non sembra dal tono dell'avviso che ci saranno sconti in questo senso. Non ottemperare significherà vedersi comminata una multa molto salata. L'avvertimento è contenuto in una nuova lettera che Bruxelles ha inviato a Roma, in cui si chiede alle autorità italiane di adeguarsi immediatamente alla sentenza della Corte europea di giustizia che già nel 2008 chiedeva al governo italiano l'equiparazione.   Per Bruxelles, insomma, le modifiche apportate dal governo italiano al sistema previdenziale pubblico, con le quali si alza gradualmente l'età pensionabile delle donne, portandola a 65 anni entro il 2018, non risolvono il problema. La richiesta è infatti quella di abolire il periodo di transizione previsto. Nella missiva firmata dal vicepresidente dell'esecutivo europeo, Viviane Reding, si danno a Roma due mesi di tempo per rispondere. Dopo di che, senza sostanziali novità, Bruxelles passerà alle fasi successive della procedura di infrazione. «Speriamo che non si debba arrivare a una nuova condanna per l'Italia», ha auspicato il portavoce del commissario Reding, ricordando come «l'Italia sia stata già condannata due anni e mezzo fa. Ha cambiato la sua legge - ha aggiunto - ma le modifiche non sono ancora conformi alla legislazione europea». L'affondo della Commissione Ue è stato accolto con una certa sorpresa a Roma. Il governo, infatti, pensava di aver risolto la questione con le nuove norme che progressivamente avrebbero portato l'età pensionabile delle statali a 65 anni entro il 2018. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha comunque annunciato che lunedì vedrà a Lussemburgo il commissario Reding: «Cercherò di capire e di negoziare al meglio per una soluzione che vorremmo definitiva», ha assicurato il ministro, che vuole rendersi conto di «quanto sia cogente la richiesta europea e quanto minacci di tradursi in infrazione». Intanto per il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, le modifiche chieste da Bruxelles potrebbero entrare nella manovra appena varata dal governo: «Ne parleremo al prossimo Consiglio dei ministri» ha detto Brunetta.   Che ha aggiunto «A Bruxelles abbiamo già risposto otto mesi fa innalzando di un anno ogni due l'età di pensionamento di vecchiaia delle donne nella Pubblica amministrazione - ricorda quindi Brunetta - e adesso l'Ue ci dice che non basta. Aspettiamo di leggere e valutare le motivazioni. Poi il Governo risponderà in maniera collegiale». Intanto i sindacati non sono rimasti con le mani in mano e hanno respinto con forza la richiesta di Bruxelles: «Giù le mani dalle pensioni delle statali» è stato il filo conduttore delle critiche delle organizzazioni dei lavoratori. «Il governo - rilevano - è già intervenuto lo scorso anno prevedendo un aumento graduale dal 2010: un anno in più ogni due fino ad arrivare nel 2018 a 65 anni. Al pari dei loro colleghi». Secondo stime fatte a suo tempo dall'Inpdap (L'istituto di previdenza dei lavoratori pubblici) per effetto delle nuove norme 3.500 lavoratrici sono rimaste bloccate al lavoro. Intervenire ora ulteriormente - osservano, tra l'altro, i sindacati - si configurerebbe come un vero e proprio «accanimento» nei confronti di questo settore, già colpito pesantemente dalla manovra economica. L'ipotesi di accelerare l'equiparazione già al 2016 nella manovra economica era stata fatta nei giorni scorsi ma, alla fine, non inserita nel testo varato dal Consiglio dei ministri. Il timore dei sindacati è che adesso possa rientrare durante l'esame del decreto in Parlamento.   Preoccupazioni accentuate anche dopo le affermazioni dei ministri della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, e degli Interni, Roberto Maroni. «Abbiamo il veicolo della manovra e vedremo come rispondere all'Ue e alla Corte di Giustizia europea», ha detto Brunetta. Ancora più esplicito Maroni, secondo il quale da Bruxelles arriva «una vera e propria ingiunzione». Pertanto, «mi pare difficile non darvi corso». Comunque sia la Cisl che la Uil chiedono al governo di chiarire con l'Ue.  

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