Tremonti prepara l'aperitivo alla casta
Tutti pronti a prendere in mano le forbici. Dopo le polemiche dei giorni scorsi sui costi della politica, è finalmente il tempo dei tagli. È il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, a chiarire: «La riduzione del 5% agli stipendi dei parlamentari? È solo un apertivo». Ma si muovo anche le Regioni. Il Piemonte ha battuto sul tempo il Veneto. La nuova giunta a conduzione leghista ha approvato ieri all'unanimità il taglio del 5% agli stipendi di presidente, vicepresidente e assessori. Il governatore Roberto Cota rinuncerà a 700 euro mensili, il suo vice Roberto Rosso a 672 euro e gli altri membri della giunta a 614 euro. Secondo i calcoli fatti dagli uffici regionali la somma che verrà «risparmiata» sarà di oltre 97.600 euro ogni anno, di circa mezzo milione di euro se consideriamo tutta la legislatura. Questi soldi andranno a finire direttamente nelle tasche dei cassintegrati. Il taglio degli stipendi non avverrà per legge, ma nella forma di un contributo volontario. L'iniziativa è piaciuta all'ex presidente del Piemonte, Mercedes Bresso, la quale però ha sottolineato: «Ritengo che lo sforzo debba essere maggiore e più generale». Con questi intenti è stato presentato ieri dal Pd Piemonte un emendamento che propone di dimezzare la liquidazione dei consiglieri regionali con un risparmio che viene stimato in circa tre milioni di euro. Favorevole alla proposta di Robero Cota, ma più cauto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni: «Anche noi siamo pronti a fare la nostra parte - ha dichiarato - però ritengo che debba essere il Governo ad intervenire a tale proposito, perché è il Governo che ha in mano le carte della situazione economica del Paese». Secondo il presidente lombardo, infatti, i tagli non possono essere uguali per tutti «perché ci sono alcune Regioni che hanno già fatto moltissimo nel campo della virtuosità e altre continuano ad accumulare deficit». Alle prese con i tagli anche la Regione Veneto: oggi Luca Zaia presenterà in Giunta il provvedimento di ridimensionamento degli stipendi. A rischiare una sforbiciata anche il «listino del presidente», quel gruppo di consiglieri regionali la cui elezione è direttamente legata a quella del candidato governatore. Non si tratta di «una battaglia contro quelli del listino - ha precisato Zaia - ma si potrebbe pensare tranquillamente a garantire una governance politica ipotizzando che gli altri 48 consiglieri siano scelti direttamente dal territorio: chi vince le elezioni si prenda il premio di maggioranza direttamente dalle liste proporzionali». A queste iniziative fa eco la provocazione del vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli: «Vogliamo provare a rompere il muro del silenzio ipocrita sui costi invisibili ma pesanti della politica? - insorge - Allora cominciamo a chiederci quanto costa l'elezione di un consigliere provinciale o regionale o di un parlamentare nazionale in termini di pensioni di invalidità, di assunzioni in enti o aziende comunali e regionali». Altra proposta che sa un po' di avvertimento quella dell'europarlamentare del Pdl-Ppe Cristiana Muscardini, che sull'ormai temuto sito di Generazione Italia scrive: «Se è doveroso che parlamentari, ministri, consiglieri e assessori regionali, nel momento della crisi, promuovano una decurtazione del loro emolumento come segnale per un sacrificio comune che tutti dobbiamo fare è altrettanto vero che il problema oggi riguarda l'accentramento di emolumenti e di potere che hanno in poche mani coloro che rivestono contemporanamente più incarichi».