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La crisi della Grecia crea il nuovo asse Merkel-Obama

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Il cancelliere tedesco Angela Merkel

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Nelle migliori tragedie classica c'è sempre un momento di svolta, un punto in cui gli attori imprimono alla tragedia una nuova direzione o un diverso ritmo. La tragedia greca e la crisi dell'euro non fanno eccezione. Domenica sera nel teatro di Bruxelles è accaduto l'impossibile, e molti elementi fanno credere che il 9 maggio finirà negli annali. Proviamo a capire perché. Scena di apertura. Il Ministro delle Finanze tedesco, il saggio e pragmatico Wolfgang Schaeuble finisce ko per un malore, la delegazione tedesca, fulcro di tutte le frenetiche trattative rimane acefala per qualche ora. Deve supplire il sottosegretario Asmussen, un tecnico bipartisan, fino all'arrivo del potente ministro degli interni di origine ugonotta, Thomas de La Maiziere. Altra scena. Nel chiuso di una stanza, tra il presidente della repubblica francese e il presidente della Banca Centrale Europea (BCE), francese anche lui, volano parole grosse. Sarkozy vuole che la BCE acquisti direttamente titoli di debito "marci", Trichet prova a difendere l'indipendenza della BCE dalla politica. Sarkozy urla, Trichet si difende. Conoscendo la tradizione francese, è capace che Sarkozy sia ricorso alle maniere forti per persuadere Trichet, che è pur sempre a fine mandato e non vuole finire a fare il pensionato ai giardini pubblici. Altra scena ancora. A Mosca la Cancelliera tedesca rende omaggio a Putin e conferma per l'ennesima volta i legami forti tra Mosca e Berlino. E questa volta la Merkel è sola, senza Sarkozy né Berlusconi tra i piedi. Il legame forte con la Russia è tedesco, e in questo campo la cristiano-democratica Merkel ha ricevuto con piacere il testimone di Schroeder e Fischer. Nel frattempo le cose si mettono male in Nordreno Westfalia e salta la maggioranza di centrodestra al Bundesrat. L'epilogo. Alla sera l'annuncio del pacchetto finale, un maxi-piano, che ha dentro di tutto un po'. Linee di credito della Commissione, come quelle già usate per Polonia e Ungheria, ma anche garanzie massicce e intervento diretto della BCE. Le cifre sono ragguardevoli, e i mercati non stanno reagendo male, segno che i numeri sono sufficientemente grandi da segnalare forza e massa critica per fronteggiare incendi nell'area euro. Resta da vedere se i mercati si attesteranno su tendenze ottimistiche anche nei giorni e nelle settimane a venire, oppure volteranno le spalle all'Europa e si inabisseranno di nuovo. Per il momento, si possono fare due osservazioni di fondo. La prima osservazione è di tipo geopolitico. Il pacchetto che è stato varato ieri è molto diverso da quanto prospettato nei giorni scorsi. In un certo senso, è una somma di tutte le opzioni prese in esame da questo diario della crisi. Un aspetto particolarmente importante è il peso marcato del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Ad avviso di chi scrive, questo ruolo è la possibile conseguenza della telefonata di emergenza che la Merkel e Obama hanno avuto sulla crisi greca. L'impressione è che ci sia stato un patto di ferro, più o meno esplicito, tra tedeschi o americani per la gestione dell'Europa. L'intervento del FMI è sinonimo di un forte ingaggio americano, e la Germania nel passato recente ha chiamato in soccorso la cavalleria americana in più di un caso. Questa, però, è la prima volta che il FMI interviene in piena area euro. Cosa esattamente sia accaduto tra tedeschi e americani non è chiaro e si capirà solo nelle prossime settimane. Per ora, possiamo limitarci a dire che la Germania è uscita un po' danneggiata economicamente ma rafforzata politicamente dalla tragedia greca. Gli USA non possono non tenerne conto, e la riapertura dei rapporti privilegiati con Berlino potrebbero essere imminenti. Tanto più che Berlino può servire da "intermediario" in molte partite. Russia, Iran, Turchia ma anche tutta l'Europa. La seconda osservazione è di natura economica. La BCE da ieri ha cambiato forma. Ora può intervenire direttamente sui mercati di debito, acquistando direttamente titoli di debito sovrano, anziché accettarli come garanzia a fronte di finanziamenti erogati. In questa maniera si crea un vistoso precedente, e c'è il rischio che con acquisti massicci da un lato le banche private "puliscano" i propri portafogli di debito, ma dall'altro finiscano per assottigliarsi in breve tempo le riserve della BCE. A quel punto i Paesi di eurolandia dovrebbero mettere mano al portafogli e ricapitalizzare, senza troppe storie. Senza contare che per lunghi anni la BCE era riuscita a mantenere una sia pur nominale indipendenza dalla politica, ma in questo caso ha ceduto di schianto, creando le premesse per una gestione politicizzata della Eurotower. Vale la vecchia regola della guerra fredda: se usi la bomba atomica ma poi gira il vento, il fungo radioattivo te lo prendi tu…

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