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Tragedia greca nelle mani di Berlino

La cancelliera tedesca Angela Merkel al Bundestag di Berlino

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  Entro oggi calerà il sipario sul secondo atto della tragedia greca, e le quinte si riapriranno sul terzo atto. Il primo atto, che si è protratto da dicembre a febbraio, era lo stadio iniziale di un rovinoso processo involutivo. Una fase in cui i greci ancora provavano a stare sui mercati e ostentavano sicurezza - ora sappiamo quanto bluffassero - mentre gli altri partner dell'Eurozona facevano spallucce e si occupavano degli affari di casa propria. Il secondo atto, cioè il nucleo centrale della tragedia che si sta consumando sotto i nostri occhi, è stato invece contraddistinto da repentini incendi e fragorosi tonfi. I tonfi sono quelli metaforici delle borse ma anche quelli tristemente reali delle piazze di Atene. Questo diario della crisi ha analizzato le principali tendenze del caso greco, sviscerandone spesso risvolti inediti. A partire da lunedì queste colonne seguiranno il terzo atto della tragedia. Sarà una fase certamente scandita dagli zoccoli della cavalleria teutonica di Eurolandia, che proprio in queste ore sta sellando i propri destrieri e montando le armature da battaglia. Il presidente della repubblica francese, Sarkozy, ha approfittato della vetrina degli ultimi vertici d'emergenza per farsi riprendere in maniche di camicia e ultimi bottoni della camicia allentati, in posa da eroe superlavoratore. Non ha rinunciato neanche a piazzare in mondovisione un bel pistolotto retorico: se passerà il fondo monetario europeo, il merito sarà tutto o quasi della Francia! La verità è che molto probabilmente i proclami a effetto di Sarkozy sono pura comunicazione politica per coccolare l'elettorato francese, disamorato e deluso dal presidente galletto. Il pallino del gioco è saldamente in mano ai tedeschi, che hanno represso l'opposizione interna al salvataggio, hanno creato consenso e stanno "telecomandando" le istituzioni comunitarie. È la Germania ad aver convinto tutti che la missione non è tanto di salvare la Grecia, quando di salvare l'euro dagli attacchi speculativi. Che sia vero o che si tratti di dissimulazione, raffinata disinformata, non importa. Fatto sta che è bastato ad allineare tutte le cancellerie dell'eurozona e a condizionare il linguaggio dei mezzi di informazione, tutti scatenati in una caccia alle streghe e ben felici di tirare fuori dagli archivi i pezzi sulla speculazione di Soros sulla lira e via dicendo. C'è dell'altro. Ieri la corte costituzionale ha letteralmente rispedito al mittente il ricorso dei cinque professori tedeschi che sostenevano che gli aiuti alla Grecia fossero incompatibili col diritto costituzionale. A Berlino c'è un giudice, e quel giudice ha deciso che è la politica a dover gestire la partita. Palla al centro e pedalare. Lo scenario è presto descritto. Servono circa 110 miliardi di euro, 30 messi dal fondo monetario internazionale e 80 dai Paesi dell'eurozona. Il nodo principale è che dei 15 Paesi dell'eurozona oltre alla Grecia, alcuni sono momentaneamente a corto di liquidi e altri sono riluttanti a scucire soldi per Atene. Come se ne esce? I soldi vanno almeno in parte drenati sui mercati pubblici da parte di un unico soggetto europeo, che poi provvederebbe a girare la provvista finanziaria alla Grecia. Barroso e Van Rompuy hanno lasciato a intendere di essere pronti a "dirottare" sulla Grecia alcuni dei fondi destinati al sostegno di Polonia, Lettonia e Ungheria. I fondi in questione sono tanti (possono arrivare fino a 50 miliardi di euro) e sono destinati per ora a Paesi fuori dalla zona euro. Significherebbe mettere nei guai tre paesi europei, per giunta tre Paesi particolarmente cari agli Stati Uniti d'America. Ma, vista la piega che stanno prendendo le cose in Grecia, agli occhi di molti vale ancora il detto latino: mors tua, vita mea. Per salvare almeno temporaneamente capra e cavoli, bisogna eliminare il divieto di bail-out dal Trattato UE. E bisogna consentire alla Banca Centrale Europea o alla stessa Commissione di accollarsi il debito greco. La decisione arriverà a stretto giro di posta, prima che riaprano i mercati. Una prova di forza, un gesto muscolare per mostrare che l'Europa c'è e intende porre fine a questo pasticcio. Basterà?

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