La Grecia dovrà vendere il Partenone
Nessuno lo scrive, ma Atene ci costerà tantissimo. A conti fatti, Atene dovrà vendere i gioielli di famiglia. Altrimenti ... Fermi tutti. Nella sfilza interminabile di titoli sul caso greco c’è qualcosa di profondamente irrazionale e sbagliato. I giornali si perdono nel gorgo di comunicati ufficiali, ricopiano le agenzie riprendono blandamente le affermazioni dei tecnocrati. Preferiscono andare sul sicuro, sezionare i malumori del PdL, analizzare le alzate di testa di Fini, rituffarsi nella questione morale, interpretare affermazioni di quinta mano di Berlusconi. Qualsiasi cosa che esuli dal tran tran della politica romana è lontanissimo dai radar, manco fosse un ufo venuto dallo spazio. Queste colonne sono molto preoccupate da questo andazzo. Il pacchetto di salvataggio per la Grecia in via di definizione è appena passato da 45 a 110 miliardi di euro nell'arco di pochissimi giorni, e non è escluso che il conta possa crescere ancora. Non occorre molto per capire che le cifre sono più che raddoppiate. E non dovrebbe occorrere molto nemmeno per capire che i tedeschi, così ostinati nel pretendere vincoli e condizioni precise da parte della Grecia, forse un po' di ragione ce l'hanno. Ci sono due elementi di fondo per cui sarà bene piantarla di fare la morale ai tedeschi, che saranno pure rigidi ma i conti in tasca se li sanno fare. La prima e più ovvia ragione dalla parte di Berlino è il comportamento della Grecia, un gigantesco caso di malgoverno fondato sugli sprechi. Come i 60.000 pensionati morti ma che ancora percepiscono ancora la pensione. Vanno forte sia i casi di frode, in cui i familiari del caro estinto semplicemente non avvertono di proposito l'ente previdenziale del decesso. Ma ci sono numerosi casi in cui prendere la pensione del caro estinto è legale. Succede alle figlie nubili o - questa poi! - donne divorziate di un ex-dipendente statale. Insomma, avere o avere avuto un travet in casa è come la gallina dalle uova d'oro… Da non scordare, poi, il fenomeno delle pensioni fasulle, soprattutto quelle di invalidità e quelle dell'agricoltura: si stimano 320.000 pensioni di questo genere (cioè il 14% di tutte le pensioni pagate nel paese). Per tacere dell'evasione fiscale, che è ovviamente enorme. D'altra parte, se è vero che il 43% dei pensionati greci svolge un'attività lavorativa in nero, l'evasione non può che essere alle stelle. Tra i tanti sperperi va senz'altro ricordata l'indennità che diversi ministeri pagano ai propri dipendenti per…arrivare in orario in ufficio! L'elenco prosegue con i ben noti "impiegati fantasma", baby-pensionati (lo statale greco fino a poco fa poteva andare volontariamente in pensione dopo soli 25 anni di servizio, in genere prima dei 50 anni di età), commissioni e comitati ben pagati (ce n'è una incaricata della gestione delle acque di un lago che fu prosciugato 80 anni fa), e via col tango. La seconda ragione per cui il governo tedesco tanto torto non ha è la bolletta greca, che sta salendo letteralmente alle stelle. Nelle scorse puntate di questo diario, abbiamo ammonito che il conto può crescere - come sta puntualmente facendo - indefinitamente. A pagarlo ovviamente sarà in prima battuta la Germania. Ma non dobbiamo dimenticarci che una bella fetta del conto finale toccherà pure all'Italia! È una banale quanto tragica questione di aritmetica. Vediamo assieme perché. Con un pacchetto di 45 miliardi di euro al nostro Paese sarebbero toccati in carico 5,5 miliardi di euro. Una cifra già di tutto rispetto, che ci avrebbe piazzati al terzo posto tra i maggiori contributori al piano emergenza. Ma con un pacchetto da 110 miliardi di euro, ipotizzando parità di condizioni, una semplice proporzione darebbe come risultato l'allarmante cifra di 13, 4 miliardi di euro. Tanto per rendere l'idea, alla fine dell'anno scorso, gli introiti da record dello scudo fiscale ammontavano a 5 miliardi di euro. Stiamo parlando di una cifra più che doppia! Se così fosse, queste colonne si domandano a) dove verrebbe reperita una provvista finanziaria così robusta, b) cosa succederebbe ai nostri conti pubblici e, in particolare al nostro stock di debito. Finora fonti governative hanno fatto sapere che la somma necessaria al governo per alimentare la linea di credito messa a disposizione di Atene sarà prelevata dal Conto Corrente di tesoreria e successivamente reintegrata con emissioni di Buoni del tesoro e Certificati di credito. Per completezza, nei giorni scorsi è stato chiarito che non solo le somme destinate al prestito non andranno a ingrossare il nostro debito pubblico, ma anche che il prestito avrà durata triennale e assumerà la formula di acquisto dei titoli greci con rendimento del 5%. Tutto questo varrebbe anche a cifre raddoppiate? Secondo questa rubrica è probabile che anche il nostro governo, proprio come Berlino, chiederà un intervento alle banche maggiormente esposte verso la Grecia, beneficiarie indirette di qualsiasi aiuto pubblico ad Atene. Una mano - poco ma sicuro - dovrà venire dalla stessa Grecia. Come? Oltre che con un taglio netto agli sprechi, anche con un massiccio piano di dismissioni. La vendita del Partenone vi pare una cosa inimmaginabile? Forse. Ma in questa partita non sarebbe la prima.