Attacco degli speculatori. Borsa nera sull'Italia

Atene brucia, Wall Street affonda, Roma è sotto attacco. La tragedia greca si sta consumando sotto gli occhi dei cittadini europei, inermi di fronte a un ciclone speculativo che sta sconvolgendo i mercati del credito e del debito sovrano. Il nostro Paese ieri è stato il bersaglio di un colpo basso sferrato da un’agenzia di rating americana, Moody’s, che, nel giro di un paio d’ore, prima ha lanciato un allerta sull’esposizione del sistema bancario italiano nei confronti della Grecia (e questo avveniva a mercati aperti), poi ha corretto il tiro dicendo che l’outlook del nostro Paese è stabile (a mercati chiusi). L’azione di Moody’s ha suscitato la reazione indignata di Silvio Berlusconi che ha bollato le agenzie di rating come "non credibili". Il presidente del Consiglio ha ragione da vendere. Il sistema di potere di queste centrali di valutazione fa acqua da tutte le parti ed è sorprendente come fino a oggi siano riuscite a sopravvivere a una serie di topiche da guinness dei primati. La bolla dei mutui subprime scoppiata nel 2008 ha il loro sigillo. Mentre il sistema bancario americano accumulava spazzatura finanziaria, le agenzie di rating certificavano quei bilanci come cristallini, nel frattempo il sistema produceva tossine che sono esplose quando il rallentamento dell’economia ha messo le famiglie sul lastrico. Non avevano più soldi per pagare i mutui che intanto erano stati "impacchettati" in altri strumenti finanziari indigeribili. In un batter d’occhio il contagio s’è propagato su tutti i paesi con "l’economia finanziarizzata" e il crac della finanza creativa in breve s’è trasformato in una recessione dalla quale stentiamo a uscire. Un crollo mostruoso che non ha travolto le agenzie di rating che continuano a dare giudizi di credibilità senza avere più la credibilità per farlo. La storia parla chiaro e sarebbe ora che gli Stati e le organizzazioni internazionali ponessero fine a questo gioco dandosi nuove regole di contabilità e trasparenza. Esistono accurati studi che dimostrano l’influenza e lo strapotere delle agenzie e le critiche si sprecano. È giunta l’ora di chiedersi chi certifica i certificatori? Chi giudica i giudici? "Who rate the raters?" si chiede uno studio pubblicato dall’Università Bocconi il 9 febbraio scorso. Questi temi emergono di fronte al grande pubblico solo in presenza di crisi. Le tre grandi firme del rating internazionale - Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch - avevano lasciato l’impronta digitale sulla bolla immobiliare americana. Recidive. Il loro sigillo c’era anche durante la crisi finanziaria in Asia negli anni Novanta e nei fallimenti di due colossi industriali americani come Enron e Worldcom. Senza andare lontano, in Italia il ruolo disastroso dei certificatori era emerso nel crac Parmalat. Calisto Tanzi e la sua cricca firmavano bilanci falsi e i controllori applaudivano. I conflitti di interesse in questo settore si sprecano. L’amministrazione americana di Barack Obama vuole una nuova legislazione, ma non sarà facile tagliare le unghie agli speculatori. La commissione di Borsa statunitense, la Sec, dovrebbe avere gli strumenti per vigilare, i vari organismi internazionali - tra i quali il Financial Stability Board presieduto dal governatore di Bankitalia Mario Draghi - finora non sono andati più in là delle dichiarazioni d’intenti. Risultati: zero. Silvio Berlusconi ha espresso per la prima volta quello che tutti pensano in Europa: questo sistema non va e va riformato. Il presidente del Consiglio è impegnato insieme al ministro dell’Economia Giulio Tremonti nella difesa dei conti pubblici del Paese, assistere in silenzio a un giudizio come quello espresso da Moody’s non è possibile. Stiamo assistendo a un gioco pericoloso: prima si è speculato su un cadavere, la Grecia; poi si è passati a mettere sotto schiaffo il Portogallo e la Spagna, ora si lanciano ombre sul sistema bancario italiano quando in realtà l’esposizione dei nostri istituti di credito sullla Grecia è minima rispetto a quella di Francia, Germania e Inghilterra. Cosa succede? C’è chi vede un tentativo di indebolire l’euro, chi invece solo un disegno più terra terra: guadagnare facile provocando le disgrazie altrui. Il crollo delle borse favorisce chi gioca al ribasso e poi spenna il pollo sul rimbalzo dei titoli. Ma ciò che preoccupa è il mercato del debito sovrano. Ieri il differenziale tra i Btp decennale e il Bund è volato sopra i 150 punti. Non succedeva dall’inizio del 2009. Occhio alle prossime aste dei titoli di Stato italiani. Svolazzano i corvi, preparate il fucile per abbatterli.