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Leopoldo Voronhoff (...) delle popolazioni.

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Oggiè la volta della gente comune, quella lontana anni luce dalle sale contrattazione delle principali piazze finanziarie e dai salotti buoni. In ogni crisi degna di questo nome, politici e tecnici di governo si precipitano sempre a fare comunicati rassicuranti. La parola d'ordine è fiducia, costi quello che costi. Perché? L'obiettivo non è solo quello di far sì che le aste dei titoli pubblici abbiano successo, ma anche di scongiurare l'assalto agli sportelli, cioè di evitare che la gente si inquieti e ritiri i propri risparmi dalle banche. Se questo accadesse, il sistema creditizio verrebbe messo in ginocchio in pochissimo tempo, proprio come avvenne nel '29. A ruota, senza le banche funzionanti, rimarrebbe a secco l'intero tessuto industriale. Senza i soldi delle banche, per le imprese diventerebbe in brevissimo tempo impossibile onorare le fatture dei fornitori, scontare cambiali, pagare gli stipendi dei contribuenti. In breve: una catastrofe. Il punto è che creare fiducia è un'impresa a dir poco difficile. Prendiamo il caso del Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, universalmente considerato un "grande vecchio" della scena politica germanica e molto rispettato sia in Germania sia all'estero. Ebbene, nonostante la sua enorme esperienza e prudenza, tra il 16 marzo e il 27 aprile scorso ha inanellato una lunga serie di dichiarazioni pubbliche sulla Grecia. La Frankfurter Allgemeine Zeitung di giovedì scorso ne ha pubblicate otto, dimostrando impietosamente che sulla Grecia Schaeuble ha detto tutto e il contrario di tutto: la Grecia sa stare in piedi da sola, che la Grecia pur richiedendo un piano di salvataggio non ne farà uso, che la Grecia non ha difficoltà a finanziarsi sui mercati, ecc. Nel caso greco, oltre al timore di un assalto agli sportelli, gli analisti osservano con preoccupazione le piazze. Da mesi sono in aumento gli scioperi e le manifestazioni. Sono concentrati soprattutto nell'enorme settore pubblico greco, che dà lavoro a un quinto della popolazione con enormi sprechi di denaro e clientelismo diffuso. Le proteste riguardano i contratti di lavoro, le tasse e le pensioni, ma anche questioni di politica estera. Diversi politici greci hanno infatti gettato benzina sul fuoco tirando fuori la questione dei debiti di guerra verso la Grecia, a loro avviso non interamente pagati dalla Germania. Ad Atene girano anche voci sulla potente comunità turca tedesca, particolarmente forte nel Land del Nordrhein-Westfalien dove il prossimo 9 maggio si terranno le elezioni regionali. Secondo queste voci, i turchi remerebbero contro e usano i propri voti alle elezioni per condizionare i politici tedeschi, chiamati a decidere in tempi strettissimi sulla Grecia. Ricordiamo che una gigantesca fetta di debito greco scade poco dopo, il 19 maggio, e che il tempo stringe davvero. Al punto che anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini lo scorso 26 aprile ha criticato l'assenza di flessibilità da parte dei tedeschi. Oltre alle piazze piene e all'inquietudine diffusa, in Grecia c'è l'aggravante delle frange eversive, che da settimane hanno ripreso a programmare attentati e a mettere in agitazione il Paese. Il gruppo 17 Novembre, che per anni aveva seminato il panico in Grecia, era stato decapitato in un raid delle forze dell'ordine nel 2002. Da allora più nulla. Ma a metà aprile, la polizia greca ha effettuato una serie di arresti di un nuovo gruppo terroristico, "Revolutionary Struggle". Il gruppo è sospettato di avere legami con 17 Novembre e di pianificare attentati a funzionari dello Stato e banchieri. Il timore delle autorità è che questo e altri gruppi possano operare con la solidarietà di una parte della popolazione greca.

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