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Il potere dei mercati e i dubbi dell'Ue

Grecia, polizia davanti a una banca durante una manifestazione di protesta

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Quando si ha a che fare con una crisi come quella attuale, il primo aspetto da analizzare è la percezione dei mercati finanziari. È sui mercati finanziari che gli Stati piazzano il proprio debito, è sui mercati che si stabilisce il prezzo da pagare sul debito, ed è sempre sui mercati che si fa «piazza pulita» quando un emittente di debito viene considerato particolarmente rischioso dai sottoscrittori. Nel caso greco, la percezione di quanto avviene conta più di quanto succede realmente. Basta pensare al downgrade del Portogallo, effettuato in simultanea con quello della Grecia. Il Portogallo non è neanche lontanamente nelle condizioni della Grecia, i suoi fondamentali economici sono in discreta salute ed è da escludere che abbia truccato i conti pubblici come fatto dalla Grecia per anni. Eppure nella testa degli investitori il Portogallo arriva subito dopo la Grecia come «malato» della zona euro, dato riconoscibile dall'andamento dei rendimenti del debito pubblico portoghese. Rassicurare i mercati, convincerli a ricominciare a scorrere fluidamente, non è cosa facile. Come noto, lo scorso 23 aprile il governo greco ha ufficialmente richiesto l'attivazione dei prestiti (fino a 45 miliardi) predisposti dal Fondo Monetario Internazionale e dai paesi dell'Eurozona. Ma la sola richiesta non è bastata a placare i mercati: il 27 aprile, dopo neanche una settimana, i tassi sui titoli a 10 anni di Atene sono saliti ancora, insieme al differenziale nei confronti dei titoli tedeschi, cioè i più sicuri di Eurolandia. Alla chiusura del mercato obbligazionario alle 18 e 30, i tassi lunghi greci hanno toccato il 9,73% contro il 9,388% di lunedì sera mentre quelli del Portogallo sono saliti al 5,501% a fronte del precedente 5,197%. I principali governi della zona euro hanno messo le mani avanti: la Grecia non sarà lasciata sola, siamo pronti a fare la nostra parte. Fonti del governo italiano in queste ore assicurano alle agenzie di stampa che è pronto il testo del decreto legge d'urgenza per la quota italiana del pacchetto di salvataggio. Berlino fa a sua volta sapere che è in corso di predisposizione una legge la cui bozza viene diffusa da Reuters. Il provvedimento si chiama «Legge per mantenere la stabilità nell'Unione monetaria» e menziona un'agenda informale che prevede una votazione da parte dei Paesi dell'Eurozona entro il prossimo 10 maggio. Lo scopo è quello di rassicurare i mercati e far capire che i governi della zona euro si muovono uniti come un sol uomo. Basterà? I mercati, insospettiti dalla lentezza europea nella gestione della crisi, sono divenuti sensibili e guardinghi. C'è dell'altro: nelle loro stime, i mercati scontano una serie di dubbi importanti. Il primo dubbio è di tipo temporale: i dettagli del piano di emergenza sono ancora in corso di negoziazione, la Commissione non è un negoziatore tempestivo, e il tempo non è un fattore neutro in questa partita. Il 19 maggio per esempio scade una cospicua tranche di titoli di debito greci. Senza contare la minaccia di alcuni ricorsi alla Corte costituzionale tedesca per bloccare gli aiuti ad Atene perché contrari alla normativa comunitaria, e le elezioni regionali del 9 maggio nel Nord Reno Westfalia, che condizionano molto il governo Merkel. Il secondo dubbio fondamentale è di natura tecnico-parlamentare: in Italia il contributo al pacchetto-Grecia passerà tutto e subito, grazie alla tecnica della decretazione d'urgenza, ma gli altri Paesi Euro faranno altrettanto? Anche tra i tecnici di governo europei, continua a non essere chiaro cosa farà la Germania. Voci diffuse vogliono infatti che la Germania sottoponga al Parlamento tedesco non tutta la quota tedesca (oltre 30 miliardi) ma ogni singola «tirata», con una dilatazione dei tempi pericolosa. Fatale?

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