Generali volta pagina Il nuovo re è Geronzi
Ce l'ha fatta. Cesare Geronzi è il nuovo re delle Generali. L'incoronazione ufficiale è arrivata ieri dall'assemblea dei soci riunita a Trieste. Un pezzo di potere economico torna nelle mani di un italiano. Romano. Non sarà il solo a rappresentare la Capitale. Alla vicepresidenza sale Francesco Gaetano Caltagirone. Con lui Francesco Gaetano Caltagirone, il costruttore romano, nominato a sorpresa, e che affiancherà gli altri due vice Vincent Bollorè e Alberto Nagel. Tutto come da copione invece per le altre cariche. Giovanni Perissinotto diventa capoazienda con la qualifica di «group Ceo» mentre a Sergio Balbinot sono andate tutte le deleghe assicurative sull'estero. Il potere economico romano si piazza nel crocevia della finanza europea. Le Generali, scrigno d'Italia, perché oltre ai flussi generati dal ramo assicurativo possono contare su un patrimonio immobiliare immenso e su partecipazioni azionarie nelle più importanti aziende italiane, voltano pagina definitivamente. La gestione dell'ormai ex presidente Antoine Bernheim (nella foto a fianco) si è conclusa con il suo ultimo intervento. Polemico e livoroso. «La mia età è un pretesto, sembra che io sia un vecchio rimbambito», aveva affermato Bernheim, mostrando una forte commozione e una mancanza di voglia di abbandonare la poltrona di presidente. Non ha lesinato nemmeno le lacrime, di commozione, nel suo intervento. E alla fine qualcosa ha comunque portato a casa: una presidenza onoraria che gli consente di continuare ad annusare l'aria triestina. Ma nulla di più. Il vincente è lui. A dispetto degli attacchi della blasonata City londinese, accusato di essere il banchiere del compromesso e dell'inciucio, Geronzi ha tirato dritto per la sua strada. E ora la linea da seguire, sebbene al suo fianco ci siano manager operativi di grande livello, la detterà lui. «Non so nulla di assicurazioni, lunedì sarà il mio primo giorno di scuola», ha confessato scherzosamente Geronzi a fine giornata incontrando la stampa. Il vertice delle Generali «è un'ambizione assolutamente concepibile da parte di tutti», ha detto. «È la conclusione di un percorso che mi ha visto protagonista di un lavoro per stabilizzare l'azionariato» di Mediobanca con l'entrata dei francesi e una «stabilità che dura da dieci anni e di cui ha goduto anche il sistema che ruota attorno a Generali». Il programma c'è già. Nella nuova era del Leone ci sarà, ha detto poi, «un'ulteriore crescita, un forte radicamento in Italia». Possibili acquisizioni si concretizzeranno, è stato spiegato, soprattutto guardando a Nord e a Est, e nei paesi dove il gruppo è già presente. Esclusi piani di fusione con Mediobanca («Non esiste alcun programma in questo senso») o ogni necessità di ricorrere a un aumento di capitale. «Sono soddisfatto di questo importante passo nel miglioramento della corporate governance di Generali promosso da Mediobanca», ha detto l'Ad della banca Alberto Nagel. Con la svolta a Trieste, sono ora attese anche le dimissioni di Geronzi dalla presidenza di Piazzetta Cuccia e il via al riassetto già deciso al vertice anche di Mediobanca con l'arrivo di Renato Pagliaro alla presidenza. Bollorè ha ribadito a margine dei lavori assembleari l'intenzione di comprare titoli del Leone anche se non con investimenti robusti, ma con «uno zero virgola qualcosa» acquistato «per accompagnare la società e manifestare interesse e anche per guadagnare un po' di soldi». Nell'intervento di addio del presidente uscente Antoine Bernheim è spuntato anche un giallo sull'ingresso di soci libici nel capitale Generali, che in un recente passato (probabilmente a fine 2008, quando queste voci effettivamente circolarono) sarebbe stato vicino a concretizzarsi, per poi sfumare a causa dell'opposizione di un socio. «Con l'amico Tarak Ben Ammar eravamo arrivati all'accordo per far entrare capitale libico con un aumento di capitale libico con un aumento di capitale riservato - ha detto Bernheim -. All'epoca il titolo Generali valeva 20 euro, ci eravamo accordati per 25 ma un azionista aveva chiesto 29 euro, quindi il capitale libico non è affluito». Sulla vicenda Ben Ammar ha comunque negato accordi: «Ci sono stati solo dei ragionamenti su eventuali azionisti da attivare, in caso ci fosse stato bisogno di capitali». Nessuna sorpresa è emersa in assemblea sul fronte dell'azionariato, anche se con deleghe per il 4,1% in mano a Roberto Meneguzzo, l'ad di Palladio, l'asse Crt-Ferak appare ormai il secondo azionista privato delle Generali alle spalle di Mediobanca (13,24%) e della Banca d'Italia (4,48%).