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Goldman Sachs sul banco d'accusa per i mutui subprime

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seguedella prima (...) la Sec, cioè l'organo di controllo delle borse americane, ha accusato Goldman Sachs, la regina della finanza globale, di aver tratto enormi e ingiustificati profitti dalla crisi immobiliare Usa. Il tutto a danno della clientela imbottita di titoli tossici legati ai mutui subprime. Per la prima volta il campione della finanza globale siede sul banco degli imputati. Senza far mostra di pentimento visto che, in un comunicato di due righe, la banca che ha dato a Washington segretari al Tesoro del calibro di Robert Rubin e John Paulson (e ha arruolato, in passato, Romano Prodi e Mario Draghi) , replica che «le accuse della Sec sono del tutto infondate in punto di diritto e dei fatti. E difenderemo la nostra reputazione con il massimo vigore». Insomma si annuncia battaglia e Wall Street, che annusa il sangue, si affretta a chiudere le posizioni al rialzo. La posta in gioco, del resto, è enorme: Barack Obama, in queste settimane, cerca di dar la spallata all'opposizione che al Congresso sta vanificando la sua riforma dei mercati finanziari, osteggiata dalle grandi banche d'affari, più potenti che mai. L'offensiva della Sec, quindi, può spezzare una linea di difesa che, grazie alle lobbies del Congresso, è parsa finora invalicabile. Almeno fino a ieri, perché al di là delle cifre miliardarie in gioco, è in palio la reputazione dell'industria finanziaria più potente del pianeta. La banca Usa, recita l'accusa, sapeva che Abacus 2007, il prodotto incriminato (ma ce ne sono altri 24 simili...) era un concentrato di titoli ad altissimo rischio, ad un passo dal fallimento. A scegliere con cura il peggio del peggio era stato, infatti, John Paulson della Paulson & Co, un gestore hedge che quell'anno, vendendo per tempo i titoli subprime più fragili, guadagnò la bellezza di 3,5 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, i clienti cui Goldman Sachs aveva piazzato Abacus, videro sfumare il 90 per cento dei 10,9 miliardi di dollari investiti. Una bella botta per i fondi pensione, il pilastro della previdenza per i lavoratori americani, ma anche per i correntisti delle banche europee, cui Goldman aveva proposto l'affare. Ma la "stangata", che quell'anno ha fruttato al presidente di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, una gratifica di 68,7 milioni di dollari, non è finita lì. Non solo Goldman vendeva a piene mani gli stessi prodotti che consigliava ai clienti di comprare ma, per chiudere il cerchio, aveva sottoscritto polizze miliardarie su quei titoli con Aig, il colosso assicurativo trascinato sull'orlo del collasso da quei "bidoni: ci sono voluti 85 miliardi anticipati dall'amministrazione, cioè dai contribuenti americani, per evitare un tracollo che avrebbe potuto trascinare la finanza mondiale in una crisi ancor peggiore di quella seguita al crack di Lehman. Sciocchezze, ha replicato in anticipo nella sua lettera ai soci del 7 aprile la banca. Non è vero, si dice in sostanza, che abbiamo piazzato schifezze sapendo di farlo. Nessuno di noi poteva immaginare una crisi di quella portata. Vero, anche se corre il sospetto che Goldman, con i suoi comportamenti, quella crisi l'abbia aiutata. E poi che dire del ruolo di mister Paulson, che suggeriva al fondo i titoli spazzatura da rifilare ai clienti mentre scaricava ordini di vendita a tonnellate? Infine, saltano all'occhio le analogie con la crisi greca. Anche qui Goldman Sachs ha aiutato ad abbellire il bilancio di Atene e a collocare i titoli del debito pubblico. Ma anche qui, si è poi saputo, gli uomini di Goldman hanno venduto a piene mani quel che consigliavano ai clienti, con profitti giganteschi. Insomma, corre il sospetto che sia un vizio. E che Wall Street, dove le grandi investment banks sono padrone assolute, sa che il conto stavolta potrebbe essere salato. Ugo Bertone

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