Fiat e Alcoa, il Governo non molla

Il governo alza un muro per difendere gli impianti industriali che Fiat e Alcoa (la multinazionale statunitense dell'alluminio) hanno intenzione di chiudere. Una partita che vale migliaia di posti di lavoro in tutte le aree del paese: dalla Sicilia alla Sardegna per arrivare al Veneto. E per vincerla, l'esecutivo, è pronto a utilizzare qualunque mezzo di pressione. Così nel caso della Fiat, il ministro Scajola ha fatto vacillare le speranza dei costruttori, e del Lingotto in primo piano: «Stiamo valutando se siano ancora utili o un fenomeno distorsivo del mercato», ha spiegato, precisando che non si può «andare avanti in maniera disarmonica con l'Europa». «Se procederemo con gli incentivi - ha ribadito il ministro - saranno ridotti nel tempo e nell'intensità». Il ministro ha poi ribadito che, secondo il governo, nell'ambito del piano di riorganizzazione di Fiat per la produzione in Italia «c'è spazio anche per Termini Imerese». Una difesa senza mezzi termini. «Dobbiamo preservare l'occupazione e lo stabilimento ma se la Fiat dovesse confermare la decisione di fermare la produzione di auto nello stabilimento siciliano, ci sarà un tavolo per lavorare ad una diversa indicazione industriale che eviti la chiusura di questo polo importante per l'Italia e la Sicilia». In questo caso, ha aggiunto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, il governo «è pronto con gli ammortizzatori sociali per accompagnare le soluzioni che verranno individuate».   Più duro l'atteggiamento dell'esecutivo verso Alcoa. Il monito è stato fermo e pesante: «Non compia nessuna azione unilaterale prima dell'incontro di lunedì 8 febbraio». Insomma, nessuna fuga in avanti da parte della multinazionale americana dell'alluminio sulla vertenza degli stabilimenti di Porto Vesme e Fucina. Un avvertimento che assume i toni della minaccia nelle prese di posizione dei diversi membri dell'esecutivo. A partire Scajola: «Una cosa deve essere chiara. Il governo non permetterà una decisione unilaterale. Alcoa subirà tutte le conseguenze di una scelta improvvida» ha detto il ministro che lancia anche una difficile sfida: il governo, dice, è impegnato «a mantenere lo stabilimento anche se Alcoa se ne andasse». Il titolare del dicastero del Lavoro, Maurizio Sacconi, durante l'incontro di martedì notte a Palazzo Chigi, è stato ancora più duro: «se voi fate come c... vi pare» ha detto all'azienda, «anche noi facciamo come c... ci pare; se fate così ve la faremo pagare», è sbottato. Sulla stessa lunghezza d'onda anche il ministro Brunetta, che ha ricordato che Alcoa deve ancora pagare una multa da 300 milioni di euro. Ed è forse su questa partita che il governo potrebbe pensare di concentrare la sua azione di «suasion», visto che l'esecutivo è incaricato dall'Ue di recuperare questa somma e che, con molta probabilità, ha in mano una fidejussione da far valere e una richiesta di rateizzazione da valutare.