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Incentivi auto per evitare il crollo

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GiovanniMassini Chi se lo sarebbe mai aspettato, che un 2009 funestato da una crisi economica globale, che ha arrancato sul nascere proiettando presagi di sventura, concludesse il ciclo con un mercato auto nazionale superiore alle 2.100.000 unità (probabilmente 2.160.000). Artefice dell'alchimia: il bonus governativo sulla rottamazione e sugli ecoincentivi, che ha poi trascinato con se agevolazioni varie, messe in campo anche dalle case costruttrici. Il gap, tra le previsioni ante intervento e il reale andamento delle vendite, è stimato in circa 300.000 unità, più o meno lo stesso differenziale che fa tremare gli addetti ai lavori, per un 2010 universalmente previsto in calo, su un massimo di 2.000.000 di unità (ammettendo un adeguato rinnovo degli incentivi). Le recenti dichiarazioni di Claudio Scajola, che rimanda a gennaio prossimo la definitiva stesura del Decreto per il rinnovo dei contributi governativi, ha fatto tirare a tutti un sospiro di sollievo, ma si resta, comunque, su terreno minato, perché le indiscrezioni sull'effettiva consistenza del malloppo da devolvere sono poche. La considerazione non è da sottovalutare, anche secondo le proiezioni del Centro Studi Promotor, che legano l'eventuale calo degli incentivi ad un probabile «flop» del sistema, generato da una caduta dell'interesse del potenziale cliente. Secondo Gian Primo Quagliano, direttore del centro, gli incentivi dovrebbero essere estesi anche al mercato dell'usato. Tutto o niente, dunque, visto che, al momento, la nostra situazione economica non ammette mezze misure, almeno fino al 2013, anno in cui tutti gli analisti prevedono un ritorno all'economia ante crisi. Il nostro parco auto, attualmente, annovera ancora circa 13.500.000 mezzi Euro 1 e 2, ma per massimizzare l'effetto «incentivo», si parla di una probabile estensione anche a quelli immatricolati nel 2000 (l'anno in corso garantiva il bonus rottamazione solo ad auto immatricolate fino al 1999). Nel settore auto, il primo a far sentire la sua forte voce è stato Sergio Marchionne: lo ha detto a Francoforte, in occasione del salone dell'auto, lo ha ripetuto sul ponte della Portaerei Cavour, alla presentazione della Punto Evo e lo ha riaffermato a Washington, dove ha anche accusato l'industria europea di «sovracapacità produttiva». In soldoni, la mancata erogazione di nuovi incentivi si tradurrebbe, solo con il gruppo Fiat, in circa 60.000 posti di lavoro persi (circa 300.000 in totale). Ecco che tra le poche affermazioni fatte, spunta un lecito e particolare interesse del Governo, a vincolare questo nuovo bonus a determinate caratteristiche: ecocompatibilità e sicurezza, con una probabile sensibilizzazione sul Gpl e, soprattutto, sul metano. Il «gas di palude», come lo definì Alessandro Volta nel 1778, ha molte frecce nel suo arco, ma anche un punto dolente: è presente in natura ancora in abbondanza, può essere prodotto dal riciclaggio dei rifiuti ed inquina pochissimo. Il problema è che, in Italia, su tutto il territorio nazionale, ci sono solo 693 distributori. Il gruppo Fiat ha fatto della gamma a metano uno dei suoi cavalli di battaglia ed è obiettivamente lodevole incentivarne la diffusione, a patto, però, di un adeguamento della rete infrastrutturale per il rifornimento. Calcoliamo anche, che il nostro Paese vanta un validissimo settore industriale legato al metano per autotrazione, fortemente votato all'esportazione. Si annusa anche qualche incentivazione legata all'universo «pneumatici», quelli con alto indice di rotolamento, che fanno risparmiare carburate. Per quanto riguarda la sicurezza, entreranno in ballo sicuramente i sistemi elettronici di stabilità.

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