Tremonti e lo sforzo collegiale
Le scelte e i provvedimenti che costituiscono nel loro insieme la "politica economica" sono sempre un elemento centrale dell’azione dell’esecutivo e possono diventare ancor più nodali in particolari momenti storici. Come è l’attuale. Anche se ormai si vedono segnali di ripresa, siamo ancora all’interno di un periodo di crisi del ciclo economico mondiale ed è ovvio che il ruolo di colui cui competono le scelte di indirizzo economico condizionino l’intera attività di governo. E ciò tanto più da quando, a seguito della riforma del 1999, è stato istituito il superministero dell’Economia, che ha in mano tutte le leve della politica economica, da quella fiscale a quella del bilancio. Una situazione di predominio che si è consolidata in ragione dell’autonomia che Berlusconi ha concesso a Tremonti per la sua innegabile bravura e autorevolezza (e forse anche per il suo carattere di prima donna). Ma le crisi economiche non sono un evento unitario e uniforme, sono composte da più fasi. Tremonti è succeduto a Padoa Schioppa dopo che questi aveva totalmente omesso di reagire alle prime avvisaglie della grande crisi. Si è trovato ad affrontare la fase conclamata del disastro economico e lo ha fatto con intelligenza, riuscendo perfino a evitare un eccessivo aggravamento del debito pubblico. Ora, però, il peggio è passato e devono essere riaperti i cordoni della borsa affinché il governo accompagni la ripresa e i ministri, che hanno disciplinatamente accettato di stringere la cinghia dei loro dicasteri, possono finalmente operare, individuando, nell'ambito delle materie di loro competenza, gli interventi per un rilancio virtuoso e proficuo della spesa. Spetta a loro svolgere la politica di rilancio dell'attività pubblica di settore. Tremonti, invece, ha iniziato a gestire -attraverso la politica di bilancio- la distribuzione delle risorse, sostituendosi ai ministri. Il caso più clamoroso è l' intesa per lo sblocco dei finanziamenti alle regioni che ha "cancellato" il ruolo di Fitto. Altri ministri, come la Prestigiacomo, si sentono negare cassa, sulla base di criteri di priorità tra politiche settoriali che il titolare dell'economia ritiene di potere continuare a monopolizzare. Ma il ruolo del superministro, riguardo alla spesa pubblica in questa fase di ripresa, è limitato alla garanzia dell'equilibrio di bilancio, ossia della determinazione del limite della spesa; non quello di stabilire, in base a meri criteri di politica economica, la sua destinazione, perché in tal modo egli incide sull'indirizzo politico ministeriale che la Costituzione attribuisce a tutti i suoi colleghi. Occorre valorizzare il momento collegiale. Ma non con una troika o con qualche altro organismo ristretto bensì con un confronto in cui siano coinvolti tutti gli attori della ripresa. Tremonti deve rendersi conto che i ministri gli tirano la giacca perché manca questo momento unitario e partecipativo di tutti. E non è decoroso che la politica della ripresa si svolga come in un suk arabo. È lui che deve mettere ordine fornendo il quadro generale della spesa sostenibile fondato su valutazioni economiche e fiscali. Ma una volta che tale quadro sia stato fornito, è al plenum del governo che spetta provvedere alla ragionata ripartizione delle risorse e ad ogni ministro la scelta delle politiche settoriali che è possibile svolgere con esse.