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Fmi: "La recessione è finita ma la ripresa sarà lenta"

Il tasso di disoccupazione di ottobre è salito all'8%, il livello più alto da novembre 2004

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L'economia mondiale ha vissuto la sua peggiore recessione dalla seconda guerra mondiale e ora si appresta ad una ripresa modesta nel prossimo anno. La stima è del Fondo monetario internazionale. Ma il Fmi ha avvertito "la ripresa è stata in gran parte dovuta alla massiccia spesa pubblica da parte dei governi. L'economia di fondo rimane debole, la disoccupazione continuerà a salire e il ritmo della ripresa sarà più lento del solito nei prossimi anni", si legge nel World Economic Outlook. "La ripresa è realmente iniziata". Così il direttore generale del Fondo Monetario Dominique Strauss-Kahn in un incontro all'Università Bilgi di Istanbul dove sono in corso i lavori informali del vertice annuale dell'organizzazione. Oggi il Fondo ha alzato le stime per l'economia mondiale nel 2010 al 3,1%. Secondo Strauss tuttavia la "crisi non è ancora terminata". «Nel complesso, l'economia mondiale si ridurrà dell'1,1 per cento quest'anno, prima di crescere del 3,1 per cento nel 2010». Il Fmi, quindi, migliora le previsioni di luglio, che prevedevano per quest'anno una contrazione del Pil dell'1,4 % e una crescita del 2,5 per cento per l'anno successivo. «La crescita negli anni successivi, però, rimarrà stagnante - dice il Fmi - l'economia mondiale crescerà in media del 4 per cento tra il 2010 e il 2014 , il 5% in meno rispetto agli anni pre-crisi. Il recupero è stato guidato da una forte crescita nei paesi emergenti, in particolare dai colossi asiatici come Cina e India, mentre gli Stati Uniti, Europa e Giappone stanno appena iniziando ad emergere da una recessione devastante». «Le economie avanzate del mondo cresceranno dell'1,3 per cento nel 2010 - continua il Fmi- mentre i Paesi in via di sviluppo cresceranno del 4,7 per cento nel 2010, dopo un rallentamento quest'anno all'1,5%. La disoccupazione in Europa arriverà quasi al 12 per cento entro la fine del 2011, mentre il tasso di disoccupazione degli Stati Uniti arriverà al culmine del 10 per cento nel 2010». Il Fmi ha invitato i governi a mantere le loro misure di sostegno all'economia. «Una uscita anticipata dalla politica monetaria e fiscale sarebbe un rischio significativo, perchè potrebbe essere scambiata per l'inizio di una forte ripresa della domanda privata». A trascinare l'economia mondiale sarà soprattutto l'Asia, con Cina e India già pronte a risorgere. Per il Pil di Pechino, il Fondo stima un andamento positivo dell'8,5% nel 2009 e del 9% nel 2010. Per quello indiano la crescita sara' invece pari rispettivamente al 5,4 e al 6,4%. Ne beneficera' anche il Giappone il cui prodotto, dopo un calo del 5,4% quest'anno rimbalzera' dell'1,7% il prossimo. Piu' lenta a rimettersi in moto la Russia: -7,5% e +1,5% nei due anni. Più in generale le economie avanzate chiuderanno il 2009 in negativo del 3,4% e il 2010 in positivo dell'1,3%. Quelle emergenti e in via di sviluppo saliranno invece dell'1,7% quest'anno e del 5,1% il prossimo. Il peggio sembra insomma alle spalle. Ma il Fondo invita comunque alla prudenza: "C'è una ripresa ma sarà debole", avverte. Inoltre, documenta l'analisi, dopo una recessione di origne finanziaria c'è sempre una perdita permanente di capacità produttiva e di crescita potenziale. A preoccupare è soprattutto l'andamento del mercato del lavoro. "Il rimbalzo", affermano i tecnici di Washington, "sarà lento, caratterizzato da scarsità di credito e, per qualche tempo, incapace di creare occupazione". Il tasso di disoccupazione è dunque destinato a crescere nelle economie avanzate fino a tutto il 2010. E proprio questa, si legge nel Rapporto, "rappresentera' la sfida maggiore". "L'ipotesi di un'inversione di tendenza nell'utilizzo degli impianti e nei tassi di investimento in grado di gettare le basi per un sostenuto aumento dell'occupazione", afferma il documento, "appare assai lontana". Il suggerimento è di "limitare l'estensione della distruzione di posti di lavoro" attraverso "una più lenta crescita dei salari o anche una loro riduzione". Accompagnata però da "crediti d'imposta per i redditi da lavoro più bassi o programmi simili" per limitare le ripercussioni sociali dell'aggiustamento salariale". Ancora tante le incognite che pesano sulla ripresa. Prima fra tutte e' che l'intero processo entri "in stallo". Per esempio a causa di "un'uscita prematura dalle attuali politiche monetarie e fiscali particolarmente accomodanti". Alla exit strategy si deve pensare ma sarebbe sbagliato annunciarla sin d'ora, confondendo un rimbalzo drogato dagli aiuti messi in campo da Governi e banche centrali e principalmente guidato dalla ricostituzione delle scorte, per "i bagliori di una forte ripresa". Con l'avvertenza che "tanto un anticipo quanto un ritardo nell'uscita risulteranno costosi", La posizione del Fondo a favore del "mantenimento di politiche macroeconomiche di sostegno fino a quando la ripresa non avra' preso stabilmente piede" e' chiaro e deciso. Anzi, dall'Fmi arriva anche l'invito "ad amplificarle o estenderle", se la situazione dei conti e del debito lo consentono, "qualora necessario". Anche se cio' non esclude ovviamente la necessita' "di cominciare a prepararsi a un ordinato ritiro dagli straordinari livelli di intervento pubblico" raggiunti per far fronte alla crisi. Per quanto riguarda le politiche monetarie, gli economisti di Washington distinguono tra economie avanzate ed emergenti. Nelle prime, si legge nel Rapporto, "le banche centrali possono, con poche eccezioni, permettersi di mantenere le attuali condizioni accomodanti per une steso periodo di tempo dato che l'inflazione e' destinata restare fredda fino a quando i gap di produzione non saranno colmati". In alcuni Paesi emergenti sarebbe invece opportuno cominciare a restringere la liquidita' in anticipo, sebbene la situazione vari da economia a economia. "Indispensabile" appare poi "completare la riparazione del settore finanziario e la riforma delle regole prudenziali".  Cio' richiedera': pulizia dei bilanci delle istituzioni, ricapitalizzazione e nuovi business plan in linea con i nuovi modelli di 'funding' e le nuove regole. Finora, osserva il Fondo, "ci sono stati soltanto progressi limitati" lungo la strada della rimozione degli squilibri degli attivi nei bilanci delle banche. Infine, ci sono i rischi non prevedibili. "Per esempio, un virulento ritorno dell'influenza H1N1 o tensioni geopolitiche" o il cedimento a "tendenze protezionistiche" che "potrebbero avere un impatto destabilizzante considerato lo stato di salute vulnerabile dell'economia globale e del sistema finanziario". Più difficile che le cose possano andare meglio, sebbene, conclude il Fondo, "proprio come la crisi di fiducia e' stata sottostimata durante la spirale al ribasso, cosi' anche il ritorno della fiducia potrebbe risultare sottostimato durante il rimbalzo".  

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