Sciopero benzina, niente revoca
Resta «a secco» il ministero. È fallita la trattativa di ieri tra gestori delle pompe di benzina e compagnie petrolifere con Claudio Scajola, ministro dello sviluppo economico. La volontà era quella di trovare un accordo per interrompere lo sciopero della categoria iniziato due giorni fa. Un nulla di fatto che lascerà a piedi gli italiani per altre 24 ore. Stasera alle 20 infatti riprenderanno ad erogare il carburante i gestori autostradali, mentre in città si dovranno attendere le 7 di domani mattina per tornare alla normalità. Come un'auto rimasta senza benzina, la trattativa di ieri al ministero si è improvvisamente «spenta» con i benzinai che hanno lasciato il tavolo perché «il governo non ha trovato sufficienti spazi di trattativa con le aziende». Si parla, nello specifico, del mancato rinnovo degli accordi economici da parte delle aziende sui margini di ricavi da riconoscere ai benzinai. «Di fronte allo strapotere dell'Eni, anche le istituzioni si sono dovute fermare», scrive la Fegica Cisl promotrice dello sciopero insieme a Faib Confesercenti e Figisc Confcommercio. «C'è stato oltre l'86% di adesione - spiegano i sindacati - che, nel Paese, variano da un minimo del 74% a punte del 95%. La categoria - aggiungono - ha trovato la forza e la dignità per rispondere con compattezza pur nelle difficilissime condizioni in cui vivono da anni a causa della mancanza di una seria e profonda opera di ristrutturazione ed ammodernamento della rete e dell'assenza di interventi che correggano quelle storture che impediscono ai gestori di concorrere alla pari con tutti gli altri operatori». Una politica che penalizza sopratutto le piccole imprese. Accade così che a parità di erogazione, ad esempio, alcuni concessionari autostradali guadagnano 20 centesimi per litro venduto, mentre un altro ne guadagna la metà. Proprio per questo il governo ha cercato una soluzione con un bonus fiscale da 23 milioni di euro che, a quanto pare, non è bastato ad arginare la polemica. «Abbiamo messo sul tavolo l'impegno e la disponibilità delle risorse per chiudere la vertenza - spiega il ministro Scajola - Se dopo 2 interi giorni si vanno a cercare nuovi motivi di dissenso, vuol dire che i cittadini e le imprese sono costrette a pagare uno sciopero che non ha più motivazioni concrete». In futuro, per evitare ulteriori scioperi, non resta che sperare nella ripresa delle trattative.