«Siamo stati virtuosi, siamo riusciti a stare sotto il tetto di spesa e veniamo penalizzati con un'imposta da 800 milioni di euro»
Ilpresidente di Farmindustria Sergio Dompé si scaglia contro il decreto anticrisi che, dice, «contiene un intervento fortemente penalizzante per il settore industriale del farmaco». Però in questo periodo tutti sono chiamati a stringere la cinghia, quindi anche voi... «È evidente che in questa situazione di estrema difficoltà per il Paese ognuno deve fare la propria parte e nessuno può chiamarsi fuori e tantomeno noi. È anche vero che il decreto ha una serie di positività in quanto aiuta le imprese a fronteggiare la crisi. In questa cornice si inserisce l'industria farmaceutica che non è stata minimamente consultata e si trova una tassa di 800 milioni sulle spalle. La spesa farmaceutica è l'unica che ha un tetto imposto al 14% e le imprese avevano fatto un grande lavoro per stare sotto il tetto. L'abbassamento del tetto al 13,3% pari a 800 milioni, collegato con la regola che se si va sopra al tetto pagano le imprese del farmaco insieme a quelle distributive, rischia di mettere in ginocchio il settore. Non ci va bene che a pagare sia solo l'industria farmaceutica che per di più ha la spesa sotto controllo. Noi siamo virtuosi ma ci bastonano lo stesso e sul resto della spesa che è l'84% del totale, nulla!» In quali rischi incorre il settore a fronte di questa misura? «Rischi? Io direi che sono certezze. Ci troviamo a competere con paesi che fanno di tutto per incentivare gli insediamenti esteri. Qui c'è in gioco l'affidabilità del sistema Paese. Nel '91 avevamo il 10% di export ora più della metà del fatturato viene dall'export e rischiamo di perderlo. Le imprese internazionali potrebbero decidere di andare a produrre altrove le parti più pregiate, quelle con maggiore valore aggiunto. Significherebbe un impoverimento scientifico e industriale». C'è anche il rischio che le industrie si rivalgano sui consumatori aumentando i prezzi dei farmaci? «No, non vedo un rischio del genere. Le imprese hanno un codice etico, il consumatore può stare tranquillo. Qui c'è un problema Paese. Nell'export ad alta tecnologia il farmaceutico rappresenta il 27%». Che azioni pensate di intraprendere per far sentire le vostre ragioni? «Chiediamo al governo un ripensamento e di trovare una soluzione anche insieme alle Regioni che non sono state interpellate. Se non ci dovessero ripensare non potremmo più impegnarci per far sì che gli investimenti in Italia siano mantenuti e crescano. Ho preso impegni internazionali garantendo la correttezza del sistema Paese che in questo frangente se ne è andata». Che conseguenze ci saranno per le farmacie? «Su dieci euro del costo di un farmaco l'industria porta a casa 6 euro il resto è Iva e distribuzione. È una ulteriore penalizzazione del sistema delle farmacie».