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"La banche affrontino con noi l'emergenza"

Paolo Zegna

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Nella stanza al secondo piano dell'hotel Sheraton di Kuala Lampur imprenditori italiani e malesi si incontrano e discutono alla ricerca di possibili sinergie. Fuori, seduto su un divanetto, il vicepresidente di Confindustria per l'internazionalizzazione Paolo Zegna traccia un bilancio di questa prima missione a Singapore e Malesia organizzata assieme a Ice e Abi. Cosa riporta a casa dopo questi giorni?  «Sicuramente la conferma che i tempi di questa missione sono quelli giusti. Siamo arrivati qui nel momento migliore e questo ci mette in posizione privilegiata rispetto agli altri competitor. Poi c'è la percezione di un atteggiamento positivo di questi mercati nei confronti dell'Italia. Rafforzata anche dal fatto che tutte le realtà coinvolte, da noi, all'Ice, all'Abi, al governo, riescono a muoversi come un team coeso e affiatato. Infine non sfugge un certo ottimismo del mondo asiatico che vede già segnali di ripresa. Insomma, ci sono tutte le premesse per cominciare insieme un percorso di crescita che, però, richiederà certamente tempo». Per le nostre imprese meglio Singapore o la Malesia? «Si tratta di due realtà molto diverse. Ambedue sono proiettate al di fuori dei propri confini grazie agli accordi di libero scambio. Ma, mentre Singapore può essere la piattaforma logistica da cui partire per conquistare il resto dell'Asia, la Malesia favorisce anche interessanti collaborazioni industriali per l'elevata presenza di imprese manifatturiere». In questa missione voi avete puntato molto sull'alta tecnologia. Significa che il made in Italy tradizionale è diventato meno attraente? «Io credo che siano entrambi attraenti. Nei settori tradizionali ci sono marchi meno conosciuti che hanno enormi potenziali e che possono, anche sulla scia dei grandi nomi, penetrare efficacemente nei nuovi mercati e in quelli già conosciuti». Allora perché puntare solo sull'alta tecnologia? «Le missioni di sistema sono il modo giusto per rapportarsi con nuove realtà. Ma credo anche che, sempre di più, dobbiamo pensare a iniziative specifiche sia nel numero che nei settori. Questo ci consente di essere più efficaci».  Insomma, lo strumento è quello giusto ma va affinato. «Dobbiamo lavorare sempre di più su programmi condivisi, indentificando per tempo i Paesi con cui ci interessa stabilire alleanze strategiche, studiando a fondo le realtà che abbiamo di fronte volta per volta e preparando le risposte più adeguate. Le opportunità sono tante. L'importante è muoversi subito». È questa la «via d'uscita dalla crisi» di cui ha parlato il governatore Draghi? «Una delle vie d'uscita è l'internazionalizzazione. Il che non è una novità. Non possiamo stare fermi ad aspettare che arrivi la ripresa. La crisi non è finita anche se in questa parte del mondo le economie, pur rallentando, continuano a crescere. Se vogliamo cogliere i segnali di ripresa che, mi auguro, arriveranno presto, è necessario porre oggi le premesse per la crescita futura». A proposito di ripresa dei consumi. È preoccupato dagli ultimi dati sull'inflazione? «È indubbio che bisogna tenere sotto controllo gli effetti inflazionistici. Soprattutto in quei Paesi dove è stata immessa molta liquidità. Altrimenti, quando riprenderanno i consumi, l'inflazione rischia di diventare insostenibile». Voi siete venuti qui nel Sud-Est asiatico accompagnati dai principali gruppi bancari italiani. Un segnale di pace tra imprenditori e istituti di credito? «Noi continuiamo a ricevere segnalazioni di una stretta sostanziale sul fronte del credito alle imprese. Credo sia giunto il momento di affrontare l'emergenza insieme. Le aziende vanno aiutate soprattutto quando presentano piani di sviluppo credibili e lungimiranti. Come è il caso della maggior parte delle imprese italiane».

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