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Confindustria: Pil a -5% Un milione senza lavoro

Auto, una catena di montaggio

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Nei due anni tra il primo trimestre 2008 e il primo 2010, la recessione causerà la perdita di circa un milione di unità di lavoro, tra occupati e cassa integrazione. È una stima Confindustria: la disoccupazione arriverà quest'anno all'8,6% e nel 2010 al 9,3%. Nel 2009, secondo la stima, il pil italiano si contrarrà del 4,9%. L'economia dovrebbe tornare a crescere dello 0,7% nel 2010 ma la ripresa sarà «ripida». Secondo Confindustria, il livello del deficit 2009 è attribuibile principalmente alle entrate, in calo per la prima volta dal dopoguerra. Il defitic puibblico nel 2009 si attesterà al 4,9% del Pil e sarà in lieve diminuzione il prossimo anno al 4,7%. In sostanza sono queste le previsioni del Centro studi di Confindustria che sottolinea come il peggiormaento rispetto allo scenario di aprile sia da imputare «interamente alla revisione al ribasso delle stime di crescita e dunque all'azione degli stabilizzatori automatici». Il livello del deficit per il 2009, infatti, dicono ancora gli economisti di viale dell'Astronomia, «è dovuto principalmente alal dinamica delle entrate che, per la prima volta dal dopoguerra, sono stimate in dimiduzione: -1,4% rispetto al 2008». Per quel che riguarda il debito pubblico, nel 2009, salirà al 114,7% del pil e al 117,5 nel 2010 dal 105,7 del 2008. «L'aumento - si legge nel rapporto- è attribuibile al peggiroamento del deficti e, in misura contenuta, agli interventi di sostegno al sistema bancario». Un quadro di finanza pubblica, questo, dicono gli economisti di Confindustria, «sostanzialmente in linea con le ultime valutazioni delle istituzioni nazionali ed internazionali» anche se l'elevato debito pubblico 2009-2010 «costituisce un importante fattore di rischio per il Paese» soprattutto «in assenza di politiche correttive nel prossimo triennio». Oltre ad accrescere il costo del suo finanziamento rispetto ai paesi concorrenti, infatti, «può generare dubbi sulla sostenibilità delle finanza pubbliche italiane», dice ancora il Csc.   «Senza crescita più alta diventano insostenibili gli standard di welfare state e si incrina la coesione sociale. Le mancate riforme hanno costi enormi».  Il Csc torna così a chiedere riforme strutturali che «offrono gigantesche opportunità: facendo leva su infrastrutture, istruzione, pubblica amministrazione e liberalizzazione, il pil italiano può guadagnare almeno il 30%» nei prossimi vent'anni. Le riforme sono quanto mai necessarie anche alla luce di un quardo economico che si prospetta tutt'altro che roseo. «Nei due anni tra il primo trimestre del 2008 e il primo del 2010 la recessione causerà in Italia la perdita di circa un milione di unità di lavoro e il tasso di disoccupazione - conclude il Csc - arriverà quest'anno all'8,6% e nel 2010 al 9,3%, livello che non veniva più toccato dal 2000».  

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