Fiat-Chrysler, Marchionne ce l'ha fatta
Nasce la sesta casa automobilistica mondiale. L'ultimo ostacolo, il ricorso presentato dai fondi pensione dell'Indiana contrari all'operazione, è stato superato con la bocciatura netta da parte della Corte Suprema. Dopo quattro giorni di febbrili manovre legali, i giudici hanno dato il semaforo verde all'accordo Fiat-Chrysler. Il numero uno del Lingotto, Sergio Marchionne sarà l'amministratore delegato del nuovo gruppo e Robert Kidder il presidente. In una nota diramata allo staff della casa di Auburn Hills, Marchionne ha lanciato subito messaggi rassicuranti: «Ce la faremo, non ho dubbi, Chrysler tornerà forte e competitiva. L'accordo segna un nuovo inizio per Chrysler». Poi di fronte alle televisioni americane Marchionne parla di «un giorno molto importante, non solo per Chrysler e per i suoi dipendenti, che hanno vissuto quest'ultimo anno in un contesto pieno di incertezze, ma anche per l'intera industria automobilistica». La Casa Bianca che sin dall'inizio è stata il principale sponsor dell'operazione ha avuto parole di soddisfazione per la decisione della Corte Suprema. Da Washington parlano di «giornata storica, di un momento di orgoglio» per la storia della casa di Auburn Hills, ora sfuggita a un fallimento pressochè sicuro. Lo stesso presidente Obama ha più volte sottolineato che l'accordo con la Fiat sarebbe stato in linea con la sua politica programmatica di riduzione delle emissioni inquinanti. Obama è riuscito a superare una serie di perplessità legate anche al fatto che la Fiat non è una azienda americana. Ma ha dovuto impegnare direttamente il Tesoro, diventato azionista di minoranza, e coinvolgere i sindacati. Ripercorriamo i termini dell'accordo. La Fiat assumerà, attraverso una controllata, una quota del 20% nella nuova società denominata Chrysler Group, quota che aumenterà progressivamente fino al 35% «subordinatamente al raggiungimento di determinati obiettivi previsti dall'accordo». Il Tesoro Usa e il Governo canadese avranno rispettivamente l'8% e il 2%, mentre il 55% sarà dell'United Auto Workers Retiree Medical Benefits Trust, associazione volontaria di ex dipendenti. Il Lingotto, che trasferirà tecnologie e piattaforme alla nuova Chrysler, non potrà ottenere la quota di maggioranza fino a quando i debiti derivanti dai finanziamenti pubblici non saranno stati rimborsati. La nuova società sarà guidata da un consiglio di amministrazione composto da tre amministratori nominati da Fiat, tra i quali lo stesso Marchionne, quattro nominati dal dipartimento del Tesoro statunitense, uno dal governo canadese e uno da United Auto Workers Retiree Medical Benefits Trust. Intanto il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha ribadito che i cinque stabilimenti italiani «devono rimanere». Nei prossimi giorni se ne parlerà in un incontro con azienda e sindacati.