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Una fondazione per aumentare l'impegno e le risorse a favore delle attività sociali, tra cui la concessione di prestiti, ai dipendenti pubblici

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Euna forte partecipazione alla razionalizzazione delle Case del welfare (spazi e strutture uniche per gli uffici del lavoro e della previdenza). Sono alcuni dei progetti che il commissario straordinario dell'Inpdap, Paolo Crescimbeni, spiega a Il Tempo. «Sposteremo nel corso dell'autunno una delle nostre sedi storiche, a via S. Croce in Gerusalemme a Roma, nel complesso dell'Eur a via Ballarin. Un trasferimento che interessa 300 persone che lasceranno gli spazi al ministero del Lavoro» precisa Crescimbeni Dove troverete le risorse per la Fondazione? «Le strade che si possono percorrere sono differenti e comunque a costo zero per lo Stato. Avremmo desiderato un conferimento di risorse da parte della Cassa depositi e prestiti con questa finalità. Ma stiamo ora pensando di chiedere ai pubblici dipendenti di veicolare verso la Fondazione in fase di costituzione, il 5 per mille della loro dichiarazione dei redditi. L'obiettivo è di raddoppiare le risorse Inpdap utilizzate per le attività sociali e i prestiti». Le banche non saranno contente? «Non usciremmo mai dall'area dei nostri iscritti. E questa attività non sarà mai bancaria. La nostra finalità resterebbe sempre strettamente «sociale». Oggi molti dipendenti e pensionati che presentano la domanda di prestito all'Inpdap non riescono ad ottenerlo perché i fondi sono esigui». Passiamo alla missione fondamentale: la previdenza. Il deficit pesa? «Abbiamo chiuso il 2008 con 5,3 miliardi di deficit, importo integralmente coperto da riserve e intervento pubblico, con un netto miglioramento rispetto alle previsioni. Questo è un disavanzo strutturale legato alla politica delle assunzioni del pubblico impiego. Il blocco del turnover nello Stato ha sicuramente abbassato la spesa pubblica. L'effetto è stato però quello di togliere un'importante fetta di contributi dal bilancio dell'ente. L'Inpdap da questo punto di vista non può intervenire se non con la compressione dei costi di struttura recuperando aree di efficienza. Siamo arrivati a contenere allo 0,93% il costo totale delle spese sull'intero budget». Altre azioni da segnalare per ripianare il disavanzo? «Vogliamo riportare nel nostro alveo una serie di categorie che, pur essendo pubbliche, sono iscritte ad altre gestioni. Non manca poi una forte azione per aumentare il recupero di contribuzione da parte di enti che non sono in regola con i versamenti». Basterà? «Crediamo anche nelle case del Welfare richieste dal governo. E cioè nella concentrazione di tutte le attività dello stato, in materia di lavoro e previdenza, in un unica sede». Può fare qualche esempio a Roma? «Sì. Lasceremo l'immobile del Fondo Immmobilliare Pubblico (Fip) di via S. Croce in Gerusalemme al Ministero del Lavoro. È una delle nostre sedi storiche. Il trasferimento è già fissato per l'inizio dell'autunno. Le 300 persone che oggi ci lavorano saranno trasferite nella sede centrale di via Ballarin nella zona dell'Eur». Avete un patrimonio immobiliare consistente. State cercando nuove forme di gestione nel settore? «Buona parte della nostra dotazione è confluita nelle cartolarizzazioni degli immobili avviate dal ministro Tremonti. Per il futuro confermiamo la nostra presenza nei fondi di diritto privato, in cui mettere i nuovi immobili. Ne abbiamo già battezzati alcuni con la società Fimit. Uno in via di costituzione, è il fondo Senior, che costruirà case per anziani autosufficienti over 65. Abbiamo intenzione di parteciparvi conferendovi trecento milioni di beni immobili. Un secondo, chiamato Aristotele, è dedicato all'edilizia universitaria. Opererà in particolare nell'Abruzzo, colpito dal sisma dello scorso aprile».

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