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La Fiat si consola con Chrysler

Sergio Marchionne

Scajola: "Critiche ingiuste"

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«Non è stata una guerra politica tra Paesi. Noi abbiamo fatto quello che dovevamo fare e se c'è una decisione diversa ci sono motivi per averla presa». A poche ore dall'annuncio ufficiale del governo tedesco (le 2 di notte di venerdì) che la Opel andrà al gruppo austro-canadese Magna, Luca di Montezemolo non nasconde l'amarezza. E quando parla dei motivi che hanno portato a questa decisione allude al fatto che sono prevalsi i criteri economici su quelli industriali. Cioè che la politica ha giocato un ruolo determinante. La conferma viene dalle dichiarazioni a caldo dei ministri dell'Esecutivo del Cancelliere Angela Merkel che spiegando le ragioni della scelta hanno detto che si trattava della strada migliore per salvaguardare migliaia di posti di lavoro senza appesantire oltremodo le finanze pubbliche. Più esplicito il ministro federale delle Finanze, Peer Steinbrueck: la soluzione prevede rischi sì elevati, ma giustificabili davanti ai contribuenti. Il Cancelliere Angela Merkel l'ha definita una «soluzione ragionevole» e ha sottolineato che l'intesa è stata raggiunta con l'aiuto del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, con cui ha avuto un colloquio telefonico poco prima della chiusura delle trattative. L'accordo si basa su tre punti: un memorandum d'intesa con la Magna, l'amministrazione fiduciaria per la Opel e un prestito ponte da 1,5 miliardi di euro erogato dal governo federale e dai quattro Laender tedeschi che ospitano gli impianti della casa automobilistica. Magna garantirà già dalla prossima settimana la necessaria liquidità. Ha inoltre assicurato che manterrà i quattro stabilimenti in Germania, nei quali lavorano circa 25.000 persone. Per Opel si apre quindi una nuova fase, ottant'anni dopo il matrimonio con General Motors. La maggioranza della società passerà a un consorzio composto da Magna (che avrà il 20%) e dalla banca russa Sberbank (col 35%); a Gm resterà il 35%, mentre il restante 10% finirà ai lavoratori. Magna si trasforma in un nuovo gruppo con cinque milioni di vetture all'anno e punta, con l'aiuto della Gaz, sui mercati russo e dell'ex Unione sovietica. Per la Fiat, chiuso il capitolo Opel, l'obiettivo è di completare la partita con Chrysler. Oltre che su Chrysler, gli occhi sono puntati su Saab e sulle attività sudamericane della Gm, senza tralasciare nulla di intentato con i «colleghi» della Tata o con Psa e Bmw. Per Montezemolo «questa trattativa per la Opel è stata comunque un fatto positivo per l'immagine dell'Italia e della Fiat». «Fino a qualche anno fa - ha spiegato - sarebbe stato impensabile vederci competere fino all'ultimo per fare quello che sarebbe potuto essere il secondo, il terzo gruppo nel mondo. Non credo sia stata una decisione presa perchè siamo italiani». Per il Lingotto le prossime tappe sono la decisione del tribunale per la bancarotta di New York sulla vendita degli asset buoni di Chrysler ad una nuova società controllata per il 20% da Fiat. Arthur Gonzalez, il giudice che si occupa del caso Chrysler, ha deciso che si pronuncerà il primo giugno. Per quanto riguarda Saab, le trattative, cui partecipa anche Fiat, sarebbero prossime alla conclusione ed entro la prossima settimana dovrebbe essere scelta la migliore tra le tre offerte di acquisto. In gara ci sono, oltre al gruppo italiano, anche Koeningsegg, produttore svedese di auto sportive, e il miliardario americano Ira Rennert.

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